Arriveranno 120 migranti al giorno: i problemi dell'accoglienza diffusa

Mercoledì 2 Agosto 2023 di Davide Tamiello
Migranti africani durante uno smistamento sul territorio veneto

VENEZIA - Bisogna partire da un assunto che, fuor di galateo, sembra palesemente incontestabile: i migranti non li vuole (quasi) nessuno. Non li vogliono i sindaci (o meglio la stragrande maggioranza di loro, è ingiusto generalizzare), non li vogliono i cittadini, non li vogliono le istituzioni: la loro presenza scatena proteste, attenzioni non desiderate, obbliga a un piano di inserimento e di integrazione (quasi sempre) di difficile applicazione e che molto spesso finisce per essere una calamita per speculatori. Come insegnavano le mamme di una volta, però, l’erba voglio non esiste neanche nel giardino del re: c’è un secondo assunto altrettanto incontestabile che dice che lo Stato, quelle persone, continuerà a distribuirle sul territorio nazionale finché proseguiranno gli sbarchi: non ci sono alternative e le barricate serviranno a poco. In Veneto, dai prossimi giorni, ne potrebbero arrivare circa 120 al giorno, quasi mille a settimana, poi suddivisi tra le sette province. Un ritmo che ci riporta indietro a quattro/cinque anni fa, quando prima della guerra in Ucraina, prima del Covid, la principale emergenza nazionale pareva essere quella legata all’immigrazione. 
 

HUB O ACCOGLIENZA DIFFUSA

Allora, però, c’erano gli hub: c’erano le ex base militari di Conetta di Cona e Bagnoli, c’era la caserma Serena di Treviso.

Oggi i grandi centri di accoglienza sono stati smantellati: solo il presidio della Marca è rimasto operativo ma, al momento, non ha più posti disponibili. Gli hub, però, rappresentano un passato a cui non si vuole certo tornare: quei centri in cui venivano parcheggiate migliaia di richiedenti asilo (a Cona si era arrivati a superare le 1.500 persone) sono stati l’esempio più lampante della pessima accoglienza. Abusi, speculazioni, irregolarità: sono finite sotto inchiesta le cooperative e i prefetti dell’epoca. «Mai più un’altra Cona», ha assicurato solo due settimane fa il presidente della Regione Luca Zaia, indicando la via dell’accoglienza diffusa come quella principale da seguire.

Qui, però, siamo punto e a capo. Perché quando si tratta di trovare posti disponibili, nove Comuni su dieci di solito fanno un passo indietro e dichiarano il sold out. Se gli hub non s’hanno da fare e se le amministrazioni locali dicono di non avere posti, dove andranno? La domanda andrebbe rivolta al prefetto di Venezia, Michele Di Bari, coordinatore di tutte le prefetture venete sull’accoglienza migranti, che sull’argomento però da settimane preferisce, prudentemente, non parlare e non rendere pubbliche le sue decisioni. 
 

CASE E CHIESA

Una delle ipotesi, nelle scorse settimane, era stata quella di ricorrere alle case Ater sfitte. «Non ho ricevuto alcuna comunicazione - precisa il presidente di Ater Venezia Fabio Nordio - e comunque servono dei bandi, in caso, per assegnare le case. Alloggi che, peraltro, se sono sfitti lo sono perché non sono in condizioni di essere abitati, questo significa che anche volendo bisognerebbe procedere con degli interventi di ristrutturazione». 

Poi ci sono le chiese, in prima linea da sempre con le prefetture nell’accoglienza dei migranti. Le Caritas diocesane hanno creato delle vere e proprie task force con personale e strutture dedicate, sia per far fronte all’accoglienza di primissima emergenza, per una o due notti, in attesa di altra destinazione, sia per offrire soluzioni strutturate per periodi a lungo termine. Nel Patriarcato di Venezia, per esempio, un gruppetto di 7 migranti è stato sistemato in questi giorni nel dormitorio Papa Francesco di Marghera. Il patriarca Francesco Moraglia ha rinnovato la propria disponibilità al prefetto. Nel Centro di assistenza stranieri della Caritas lagunare sono state accolte 23 persone distribuite tra la casa Tana, in centro storico, e altre strutture di proprietà. Il Patriarcato ha inoltre già messo a disposizione l’ex colonia per le vacanze in montagna a Tai di Cadore, dove attualmente sono alloggiati una quarantina di migranti. L’immobile è stato dato in gestione a una cooperativa locale nell’ambito della convenzione stipulata con la Prefettura di Belluno, ma alcuni invii afferiscono direttamente a Venezia. Un ruolo particolare nel sistema di accoglienza che fa capo alle diocesi, spetta ai volontari che si attivano per le necessità del caso.

Ultimo aggiornamento: 3 Agosto, 10:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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