Farmaci "introvabili" a Nordest, dai salvavita a quelli da banco: «Li comperiamo all’estero»

L’impennata di virus e i rincari produttivi aggravano la carenza di medicinali

Domenica 7 Gennaio 2024 di Angela Pederiva
Farmaci

VENEZIA - Un lettore di Venezia affida il suo disagio al Gazzettino: «Dopo un delicato intervento chirurgico al pancreas, da anni sono obbligato ad assumere il Creon, cioè enzimi pancreatici classificati come “salvavita”. Ma dalla laguna al Cadore, non riesco più a trovare una farmacia che lo abbia.

Ora un amico ci prova all’estero, però sono molto preoccupato». Un paziente di Treviso segnala al nostro giornale una criticità analoga: «Da quando sono stato sottoposto a un trapianto d’organo, ho la necessità di prendere l’anti-rigetto Advagraf. Ma il farmacista mi dice che le scorte sono esaurite e il medico mi dice che l’equivalente non è appropriato al mio caso. Ho provato a chiedere anche in Friuli Venezia Giulia, però mi è stata data la stessa risposta: indisponibile anche là». Sono solo due testimonianze, tuttavia indicative di un fenomeno che travalica i confini del Nordest, legato com’è a dinamiche internazionali emerse con il Covid e accentuate dalla guerra tra Russia e Ucraina. Si tratta del problema dei farmaci carenti, cioè temporaneamente non reperibili sul territorio nazionale, in quanto i responsabili legali dell’autorizzazione e della commercializzazione non possono assicurarne una fornitura continua rispetto ai bisogni terapeutici dei malati, i quali però spesso non ne conoscono le ragioni e restano disorientati.

L’ELENCO 
Vale allora la pena di spiegare che Aifa monitora costantemente la situazione: l’ultimo elenco dei medicinali “introvabili”, aggiornato al 5 gennaio, ne conta ben 3.533. Le motivazioni sono varie: “cessata commercializzazione definitiva”, “problemi produttivi” con “distribuzione contingentata” (nel caso del citato Creon, «tale situazione si protrarrà presumibilmente fino al 31/12/2025») o con “forniture discontinue”, “elevata richiesta”. Quest’ultima, ad esempio, è la causa principale delle difficoltà di reperimento dei medicinali da banco o comunque di largo consumo (compresi gli antibiotici, con tutte le conseguenze del caso in termini di resistenza) che risentono della stagionalità: è il caso di princìpi attivi come l’ibuprofene, il paracetamolo e l’amoxicillina, il cui utilizzo è aumentato in maniera esponenziale in coincidenza con l’ondata invernale di influenza, Covid e altri virus respiratori. Ma in questi mesi la catena di approvvigionamento è andata in crisi pure per prodotti destinati a gravi patologie, nel quadro di una problematica così sintetizzata dal recente studio dell’Osservatorio Nomisma sul “Sistema dei farmaci generici in Italia”: «I costi di trasporto sono cresciuti fino al 500%; i costi della materia prima tra il 50% e il 160%; i costi del packaging tra il 20% e il 33%; i prezzi dell’energia tra il +65% del gas e il +30% dell’elettricità. Le imprese non potendo operare sul fronte dei prezzi hanno dovuto assorbire questa impennata dei costi produttivi, riadattando i processi di approvvigionamento e comprimendo le marginalità industriali. Il risultato – nuovo e inatteso – è sotto gli occhi di tutti: c’è carenza di farmaci su diversi mercati europei». 

IL MERCATO
I flussi di commercializzazione sembrano però differenziarsi tra i diversi Paesi. Come fa presente Aifa, infatti, nei casi in cui non è possibile ricorrere a un medicinale equivalente o prescrivere una terapia alternativa, gli ospedali e le Ulss «possono richiedere di importare il farmaco mancante dal mercato estero», dove spesso è prodotto da un’altra casa farmaceutica ed è venduto con un altro nome. Periodicamente le aziende sanitarie e ospedaliere aggiornano così le liste destinate ai medici. Per dire, l’ultima stilata a Padova è del 4 gennaio e spiega ad esempio che è stato necessario reperire un anti-parassitario in Spagna, un corticosteroide in Portogallo, un anti-staminico in Gran Bretagna, un miorilassante in Svizzera, un anti-batterico in Grecia e un calcio-antagonista in Giappone. Quest’ultimo è un caso curioso per i suoi effetti sul piano pratico. «Siamo riusciti ad ottenere una fornitura con dosaggio equivalente al medicinale in uso», hanno spiegato dalla direzione sanitaria, precisando però che «la confezione riporta solo su una faccia la descrizione in inglese», mentre sul lato principale compaiono soltanto gli ideogrammi giapponesi. Pertanto è stato ritenuto opportuno trasmettere agli specialisti prescrittori pure «una traduzione in italiano ottenuta da Google traduttore», con la rassicurazione comunque che «le indicazioni di impiego sono sovrapponibili a quelle del medicinale italiano». 
 

Ultimo aggiornamento: 18:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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