Faccetta nera cantata in radio. Elena Donazzan: «Ho sbagliato». E la Lega salva l'assessore

Mercoledì 20 Gennaio 2021 di Alda Vanzan
Faccetta nera cantata in radio. Elena Donazzan: «Ho sbagliato». E la Lega salva l'assessore
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Sgridata, come una scolara che si è comportata malissimo.

E lei, che già si era scusata in modo ufficiale, concludendo un brevissimo intervento, due minuti secchi, con il capo cosparso di cenere («Accade nella vita di sbagliare»), non ha battuto ciglio, restando per tutta la durata del consiglio regionale seduta al suo posto, presente e silente. Alla fine la Lega l'ha assolta, facendo però seguire alla reprimenda la raccomandazione: che non succeda mai più.


Finisce così il caso Donazzan. La mozione di riserve presentata dall'opposizione di centrosinistra nei confronti dell'assessore al Lavoro e all'Istruzione della Regione del Veneto per aver cantato l'inno fascista Faccetta nera in una trasmissione radiofonica è stata respinta perché i 32 consiglieri presenti in aula di Lega, Zaia Presidente, Lista Veneta Autonomia, più lo zaiano del Gruppo Misto Fabiano Barbisan si sono astenuti e i 10 voti del centrosinistra non sono bastati a far passare il provvedimento. L'opposizione non ce l'avrebbe fatta neanche se avesse avuto l'undicesimo voto di Stefano Valdegamberi, lo zaiano che con la sua firma ha consentito la presentazione della mozione («Noi abbiamo stravinto, la mia è stata una firma per la democrazia») e che invece non ha partecipato al voto. Non hanno votato nemmeno i due consiglieri di Forza Italia, la capogruppo Elisa Venturini che pure aveva pubblicamente espresso solidarietà all'assessore Donazzan («L'ho fatto perché ho trovato inaccettabili gli epiteti offensivi che le sono stati rivolti, ma il mio è il partito delle libertà e non può tollerare regimi che perpetrano abusi e oppressioni, come quello fascista») e il collega Aldo Bozza. I colleghi di Fratelli d'Italia dell'assessore hanno votato contro la mozione di riserve, ma agli atti, più che i loro cinque no, resta l'unico intervento del capogruppo Raffaele Speranzon in un difficile equilibrio tra difesa dell'attività amministrativa dell'assessore («Per il terzo mandato consecutivo il presidente Zaia le ha dato le stesse deleghe») e giudizio su fascismo («Il tema non è il fascismo e l'antifascismo, ma il totalitarismo e la libertà»).


LE SCUSE

La mozione è stata illustrata dal portavoce dell'opposizione Arturo Lorenzoni che, chiamando in causa il governatore Luca Zaia, assente in aula, ha ribaltato la questione: «Non è una mozione contro una persona, ma per richiamare ciascuno di noi, in primis il presidente della giunta, a non avere ambiguità rispetto al Ventennio fascista. È impossibile che le deleghe all'Istruzione e alle Pari opportunità siano nelle mani di una persona che dimostra simpatie per un regime antidemocratico, violento, razzista». Donazzan ha preso subito la parola: «Per me è stata una settimana molto difficile sotto l'aspetto umano, ma oggi ho l'occasione per ribadire in modo ufficiale le mie scuse: non era mia intenzione offendere nessuno e certamente non mi troverò mai più nella circostanza di rispondere ad una trasmissione, qual'è La Zanzara, irridente e sopra le righe, creando imbarazzo alla mia amministrazione regionale. Su alcuni temi la nostra nazione ha ancora ferite aperte e un clima che non permette leggerezze. Accade nella vita di sbagliare».

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LE ACCUSE

Dopodiché, mentre è partito il fuoco di fila. Tra gli interventi più duri dal punto di vista politico, quello della dem Vanessa Camani: «Si dichiari antifascista come la nostra Costituzione, prenda le distanze dal regime, non è più il tempo delle ambiguità - ha detto rivolgendosi all'assessore Donazzan -. Il fascismo non è un'opinione, è un reato. Si censura chi infanga l'immagine della Regione del Veneto con atteggiamenti inaccettabili che offendono le coscienze». Ma se gli attacchi dell'opposizione erano scontati, le parole più dure sono arrivati dagli alleati della Lega. Marzio Favero: «Il regime fascista ha compiuto atti criminali, dalle leggi razziali all'aver trascinato il nostro Paese in una guerra rovinosa. Non esiste un'alternativa alla democrazia: i Consigli regionali nascono per volontà dei Padri costituenti e sono l'espressione di una volontà politica di ordine democratico che si è formata durante la Resistenza e che può accettare solo le idee compatibili con le regole democratiche». Nicola Finco ha infierito, rimarcando il silenzio assordante dei vertici regionali e nazionali di FdI: «Noi oggi dimostreremo per l'ennesima volta lealtà per questa maggioranza, difendendo una collega, ma per il futuro chiediamo più rispetto per i principi federalisti». E poi i due capigruppo, Giuseppe Pan della Lega e Alberto Villanova di Zaia Presidente, che hanno motivato l'astensione: «Errore grave che ha creato imbarazzo, l'assessore però si è scusata».


Caso chiuso, dunque, ma la polemica non è scemata. «Finto antifascismo della giunta regionale», ha protestato Christian Ferrari, segretario della Cgil Veneto, mentre la Rete degli studenti medi e l'Udu di Padova hanno lanciato un photomob chiedendo le dimissioni dell'assessore.
 

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