​Razzie di frutta e ortaggi nei campi:
sono i profughi. Agricoltori furibondi

Venerdì 9 Ottobre 2015 di Paola Treppo
​Razzie di frutta e ortaggi nei campi: sono i profughi. Agricoltori furibondi
4
TARCENTO (Udine) - A Tarcento, ma anche nei comuni contermini, è diventato da qualche settimana tema di conversazione da bar, e non solo. Anche da chiacchiera al mercato, davanti alle bancarelle di frutta e verdura in particolare, e alla cassa nei market di alimentari. Il tema sono i profughi, quelli che da mesi, ormai, sono ospiti nelle strutture ricettive della zona, da Lusevera a Nimis, comuni che per primi hanno accolto i migranti.



Sono un centinaio, circa, nei tre centri pedemontani, e da qualche tempo la gente si lamenta riguardo il loro ingresso, segnalato da più proprietari di fondi agricoli, nelle campagne, in quelle condotte a frutteti e a orto. Pare, infatti, che i richiedenti asilo, non disdegnino frutta e verdura del posto, cibandosene a piene mani. Le dolci colline del Tarcentino, del resto, hanno storicamente affascinato, un tempo per le ciliegie duracine e l’aria buona, oggi per quel che resta dei versanti coltivati a ulivo, a vite e puntellati di alberi da frutto. Il proverbiale attaccamento alla terra dei friulani ha fatto storcere loro il naso nello scoprire non solo fichi e “cespe” spariti dagli alberi, ma anche zucchine e peperoni dagli orti. Nessuno è arrivato a sporgere una denuncia formale ai carabinieri ma di certo il malumore serpeggia. Specialmente adesso, nel periodo della vendemmia.



«Chissà - si chiede la gente al bar - se gli piace anche l’uva. Ah, se li trovo io passano un brutto quarto d’ora». In realtà, poi, la gente brontola ma lascia passare: infondo, certi alberi da frutto, carichi di succose susine, non li cura nessuno più, anche se sono stati messi a dimora dai nonni, decenni prima: i frutti cadono a terra e marciscono.



L’improvvisa “sparizione” di pomodori e zucchine, invece, infastidisce di più, perché chi cura l’orto lo fa sempre con passione, impegno di tempo e di denaro. «Eppure in albergo gli danno bene da mangiare» osservano i paesani. Forse quel “migrare” tra un vigneto e un frutteto, alla fine, è un modo per passare il tempo, e la “degustazione fai da te” una inusuale forma di conoscenza del territorio in cui sono “finiti” a vivere.
Ultimo aggiornamento: 20:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci