Omicidio-suicidio, il fratello di Giacomina:
«I cadaveri in cucina e sangue ovunque»

Sabato 21 Aprile 2012 di Giorgio Marenco
Giacomina Zanchetta e il fratello Claudio
TREVISO - I due corpi senza vita stesi a terra nella penombra della cucina, i due fucili da caccia uno vicino all'altro, nel macabro silenzio della stanza, a fianco dei corpi straziati, chiazze e macchie di sangue un po' ovunque, anche sul soffitto. Una scena agghiacciante quella che si è presentata a Claudio Zanchetta, il fratello di Giacomina, che ieri poco prima di mezzogiorno è riuscito a entrare nell'abitazione di via del Lavoro, dove si era recato non senza preoccupazione perché contrariamente al solito lei non si era fatta vedere o sentire: «Mia moglie e mia sorella erano solite vedersi puntualmente ogni mattina - racconta con la voce scossa - e anche ieri Giacomina doveva venire a trovarci. Ma non l'abbiamo vista».



Una preoccupazione che è di colpo lievitata quando il telefono nell'abitazione di via del Lavoro ha squillato alcune volte invano. «La cosa è sembrata molto strana - prosegue Claudio - . Mia moglie ha intuito che qualcosa poteva essere successo. E mi ha detto: vai a vedere. Abitiamo a un chilometro di distanza e sono partito subito. Mancava poco a mezzogiorno. Ho suonato al campanello e ho chiamato, ma dall'interno nessun segnale. Allora ho scavalcato la recinzione e mi sono avvicinato alla casa. La persiana della cucina era leggermente alzata, ho guardato attraverso i vetri, mi è sembrato di scorgere una sagoma a terra, sul pavimento varie chiazze scure. Ho chiamato ancora e in quel momento la terribile intuizione si è fatta strada».



In un primo momento Zanchetta ha tentato di sfondare il vetro ma ha desistito subito girando intorno alla casa alla ricerca di una finestra aperta e quasi subito ha trovato quella del bagno socchiusa: «Ho scavalcato il davanzale e sono passato subito in cucina. Poi una scena scioccante: Giacomina era distesa bocconi, a poco più di un metro mio cognato era supino con una gamba appoggiata ad una sedia, aveva il volto sfigurato. Sangue ovunque. La tavola - racconta ancora - era preparata, un fornello del gas ancora acceso con un pentola ormai vuota. Ho chiamato subito il 112. Mezzogiorno era appena suonato. Dopo dieci minuti è arrivata la prima pattuglia dei carabinieri».



Mentre attendeva l'arrivo delle forze dell'ordine, Claudio Zanchetta ha avuto il coraggio di guardare da vicino i congiunti. «Tutte le porte della casa erano state chiuse a chiave dall'interno - ricorda - forse aveva premeditato tutto anche se stento ancora a crederlo. Con lui mi vedevo abbastanza spesso, ultimamente mi era sembrato un pò depresso ma niente di preoccupante».



Claudio Zanchetta non nasconde commozione ricordando la sorella: «Era tutta casa e famiglia. Da giovane aveva lavorato per quindici anni al Lanificio Cerruti poi si è dedicata al marito e ai figli. A Raffaello ha sempre voluto bene». Gli fa eco il cugino Giancarlo: «Giacomina - è il suo ricordo - era una persona allegra e di compagnia. Amava il canto, anche ora faceva parte del coro della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 20:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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