Incendio in carcere a Santa Bona, detenuto di 36 anni dà fuoco alla cella e aggredisce gli agenti della polizia penitenziaria: sette finiscono in ospedale

Martedì 22 Agosto 2023 di Valeria Lipparini
Incendio in carcere a Santa Bona

TREVISO - Incendio nel carcere di Santa Bona. Con cinque dei sette agenti di polizia penitenziaria, intervenuti per spegnere le fiamme, finiti in ospedale.

In quattro per intossicazione da fumo e il quinto per un polso lesionato.


IL BILANCIO
È questo il bilancio di una serata di paura all’interno dell’istituto di pena trevigiano. Tutto ha inizio domenica, verso le 22,30, quando il fumo invade i corridoi del carcere. Un tunisino 36enne, ha dato fuoco alla sua cella. Ha usato alcuni giornali per appiccare le fiamme a lenzuola e coperte. E il rogo è partito veloce, aggredendo anche il materasso e le poche suppellettili presenti. La cella diventa in pochi minuti una camera a gas, invasa dal fumo. L’odore acre e le nuvole dense di fumo si propagano in tutta la sezione maschile. I detenuti, chiusi nelle loro celle, cominciano a urlare e sette agenti di polizia penitenziaria intervengono. Muniti di estintori e di maschere antincendio, per proteggersi dal fumo. In cella devono affrontare, oltre al rogo, anche il detenuto 36enne che si scaglia contro di loro. Urla, si dimena e colpisce uno degli agenti al polso. È una lotta che dura qualche decina di minuti. Estenuante. Una corsa per fermare il fuoco e, contemporaneamente, per tranquillizzare gli altri detenuti e sistemare il tunisino in una cella diversa, in un reparto a parte del carcere, dove sia isolato. La prontezza degli agenti evita il panico che, invece, comincia a serpeggiare tra i detenuti. Spengono l’incendio usando gli estintori, ma tra la colluttazione con il detenuto e il lavoro di spegnimento si sentono male tutti e sette. Vengono soccorsi da un’ambulanza del Suem 118 e trasportati al Ca’ Foncello. Cinque di loro vengono trattenuti. A quattro viene riscontrata intossicazione, fortunatamente lieve, per aver respirato il fumo acre dell’incendio e vengono giudicati guaribili in un paio di giorni. Il quinto ha il polso lesionato: dovrà stare a riposo per quasi un mese. La situazione nel carcere trevigiano torna alla normalità alle 4,30 di lunedì mattina. Dopo sei ore da quando è scoppiato l’incendio. 


LA CRITICA
Il morale degli agenti è a terra. Anche perchè, quella di domenica sera, è una tragedia evitata. Ma annunciata. Lo dice chiaramente Giampiero Pegoraro, segretario regionale Fp Cgil polizia: «Quel detenuto ha problemi di natura psichiatrica. Non deve stare in cella insieme ad altri detenuti comuni. Va sistemato in una Rems (residenze per l’esecuzione di misure di sicurezza). Peccato che in Veneto ce ne sia solo una a Nogara, in provincia di Verona, e sia aperta soltanto per residenti nella regione. Anche troppo ovvio concludere che un tunisino non è residente in Veneto e un tipo come lui viene “sbattuto” in carcere dove c’è un buco libero. Nel caso specifico era stato a Verona e poi è stato trasferito a Treviso». Gli agenti sono sconfortati. Gli altri sindacati di polizia rimarcano la difficoltà di lavorare in “carceri strapiene, con il personale ridotto all’osso costretto a fronteggiare situazione di emergenza continua”. 


I PRECEDENTI
Non è la prima volta che in carcere a Treviso scoppiano rivolte e proteste. Detenuti che prendono a pugni gli agenti mentre vengono trasferiti, liti, proteste. Ma l’episodio più grave è successo nell’aprile del 2022 quando undici detenuti che hanno messo a ferro e fuoco il carcere appiccando il fuoco a materassi, lenzuola e persino libri. Gli undici facinorosi sono stati trasferiti. Ma il problema rimane.

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