La Carmix di Liborio Galante: il re delle betoniere racconta il viaggio dalla Sicilia al Veneto, la prima volta che ha visto la Tv e il sogno mai realizzato

Lunedì 16 Ottobre 2023 di Edoardo Pittalis
Liborio Galante

Solo un desiderio Liborio Galante, il re delle betoniere, non ha realizzato: far vedere alla madre che aveva avuto ragione a volere il “trasloco” dall’isola a Treviso. Ora guida (con i figli) la Carmix di Noventa di Piave: 20 milioni di fatturato, produzione quasi interamente esportata nei cantieri di 170 Paesi. «Ma da tre anni non lavoro più il venerdì, voglio godermi la vita.

Amo le barche.

Un'infanzia in Sicilia come quella di Salvatore di "Nuovo cinema Paradiso": Liborio, appena si spegneva la luce, ogni sera sedeva in prima fila nelle sale cinematografiche del padre a Sommatino che era la capitale siciliana dello zolfo. I film di Totò quasi li doppia ancora oggi a memoria. Un'adolescenza in Veneto, tra i banchi del collegio Pio X a Treviso, «un trasloco più che un'emigrazione» dice. Lui Liborio e il fratello Eusebio all'appello non passavano inosservati in un registro di Nane, Bepi e Toni. Poi l'avventura da imprenditore che lo ha portato a diventare leader mondiale di un settore particolare, quello delle betoniere.

Le macchine col marchio Carmix producono calcestruzzo nei cantieri di 170 nazioni

Lo stabilimento della MetalGalante è a Noventa di Piave: una cinquantina di dipendenti; fatturato 20 milioni di euro (+30% in un anno), produzione quasi interamente esportata. Un secondo stabilimento in India. Autobetoniere autocaricanti, una piccola centrale mobile. «Serve per fare calcestruzzo in qualunque condizione dalla Siberia al Sahara».


Quel sogno irrealizzabile

A 77 anni i suoi sogni Liborio Rino Galante li ha realizzati quasi tutti. Ne manca uno: avrebbe voluto far vedere a mamma Rosa che aveva avuto ragione lei a volere il "trasloco". Ha anche scritto un libro intitolato "La forza dei sogni" dedicato ai nipoti. Intanto, mette assieme i premi: da "Una vita per l'industria" a "La Fonte" che il Collegio Pio X assegna agli ex allievi di successo. Tra poco sarà anche console onorario della Slovacchia. Una delle doti di Galante è la facilità con cui apprende le lingue, ne parla cinque. Non dimentica niente: «Ho conservato tutte le mie agende degli ultimi 50 anni». Tre figli: Massimiliano, Salvatore e Manuela Rosa.


Come è stata l'infanzia siciliana di Liborio?
«Sono cresciuto in una famiglia per quel tempo benestante, mio padre Salvatore aveva il negozio di alimentari più bello del paese e anche il telefono pubblico. Poi era socio dei due cinema del paese, l'Arena Flora e il Vittoria, non mi sono perso un film, il mio preferito era "Totò le Mokò". Sommatino aveva 16mila abitanti e allora metà dello zolfo di tutto il mondo veniva estratto nelle miniere vicino al paese. Siamo arrivati in Veneto per caso, uno zio paterno si era trasferito a San Donà di Piave come maestro elementare, ma era anche allevatore di polli e aveva avuto tanto successo che voleva farlo vedere ai parenti. Nel 1956 aveva invitato la mia famiglia ed era la prima volta che uscivo dalla Sicilia, due giorni di viaggio in treno fino a Venezia».

Era anche la prima volta che vedevo la televisione, in Sicilia la Rai non trasmetteva


Che cosa vi ha trattenuto in Veneto?
«Mamma Rosa è rimasta impressionata dalla differenza di vita tra Nord e Sud, soprattutto l'ha colpita vedere le donne andare in bicicletta e muoversi in assoluta indipendenza. Una volta rientrati in Sicilia, ha convinto nostro padre che era meglio vendere tutto e trasferirsi in Veneto per il futuro dei figli. Le cose non sono state subito bellissime, allora in Sicilia nemmeno i maestri parlavano italiano e a Treviso con mio fratello Eusebio abbiamo pagato lo scotto. Molti erano prevenuti verso i meridionali, me la sono cavata perché ho una dote naturale per le lingue e mi sono tolto tutti gli accenti. Mio padre ha dovuto cambiare lavoro, ha investito anche lui nell'allevamento dei polli, ne aveva 120mila. Ma era il momento sbagliato per via della fortissima concorrenza olandese, ci ha rimesso un sacco di soldi e si è accontentato di un negozio di polli allo spiedo a Jesolo. Le nostre condizioni di vita ne uscirono ridimensionate».


E irrompono i Galante sui banchi del Collegio Pio X di Treviso
«In famiglia ora siamo alla terza generazione di alunni del Pio X. Mi sono diplomato in ragioneria, ma non ho mai fatto il ragioniere. Sono stato mandato a Cambridge per perfezionare l'inglese, il francese l'avevo imparato da bambino. Dopo l'Inghilterra sono stato tre mesi in America ed è stata un po' la mia fortuna, c'erano tanti Galante emigrati dalla Sicilia negli Usa prima della Grande Guerra. Mentre ero negli States ho avuto la bella notizia che la mia fidanzata Patrizia era rimasta incinta, dovevo rientrare per sposarci. Il matrimonio ha imposto nuove esigenze, dovevo cercare un lavoro e sono finito per qualche mese alla "Papa" di San Donà che era leader nella produzione di legname per mobili. Mi sono dimesso per andare in Germania a perfezionare il tedesco. Ma proprio allora mia madre ha incominciato a stare male e c'era bisogno della mia presenza».


A quel punto cambia la vita di Liborio?
«Un amico mi segnala a un imprenditore di betoniere che aveva bisogno di un interprete e traduttore per l'inglese. Avevo appena compiuto i 23 anni, nemmeno il tempo di iniziare che è arrivata la cartolina precetto e sono dovuto partire per Trapani, in fanteria. Sono stato congedato dopo una convalescenza all'ospedale militare di Padova. Successivamente mi sono occupato delle vendite all'estero della ditta e le esportazioni sono arrivate al 60 per cento del fatturato. Giravo il mondo, ma trascuravo la famiglia, alla fine del '74 rientro da un viaggio lunghissimo deciso a dimettermi, invece trovo in azienda un nuovo ingegnere che mi offre un lavoro da dirigente e stipendio triplicato. Incomprensibilmente, un anno dopo la ditta è fallita!».


È allora che nasce l'imprenditore Galante?
«La ditta si avviava al secondo fallimento con i suoi 350 dipendenti e a questo punto incomincia la mia nuova vita: il curatore mi offre la possibilità di acquistare ricambi e pezzi lavorati, gli basta una garanzia bancaria. Il colpo di fortuna è che avevo comprato a buon prezzo ottanta telai in montaggio per fare macchine che servivano solo per betoniere».

Non avevo operai né l'officina, mi ha aiutato un ex dipendente che ha aperto un capannone dietro casa sua

«I clienti stranieri volevano vedere la fabbrica che non c'era. In queste cose la fortuna conta: ci è arrivato dall'Algeria l'ordine di 77 macchine in un colpo solo; poi altre 45 macchine per l'esercito siriano che costruiva strade, ponti, scuole. Dalla fabbrica che non c'era siamo arrivati a Noventa dove abbiamo rilevato una fabbrica da un fallimento. Da allora ho prodotto con un marchio mio: Carmix. Sono stati anni duri, difficili; io e la mia ex moglie abbiamo firmato garanzie a non finire».


Cos'è oggi la Carmix?
«Mio figlio Massimiliano da trent'anni lavora con me, è direttore generale e commerciale, cura l'America Latina dove abbiamo un accordo con Caterpillar. Da 15 anni lavora anche mia figlia, cura il marketing, i paesi francofoni dell'Africa, soprattutto l'India dove ha appena stretto una joint-venture. L'azienda ha dimostrato sempre flessibilità ad adattarsi ai cambiamenti. I clienti apprezzano la rapidità della risposta e la qualità del prodotto, queste sono due chiavi vincenti».


Adesso cosa vuol fare Liborio?
«Da tre anni non lavoro più il venerdì, curo anche due immobiliari in zona. Abbiamo appena acquistato la bellissima barchessa della villa tra Noventa e San Donà, dalla contessa Mariolina Doria Zuliani. Voglio godermi la vita con la mia compagna Gabriella. Amo la barca: ho incominciato con un gommone usato, adesso ho un Azimut 46 piedi, come il mio anno di nascita».


Cosa è rimasto del rapporto con la Sicilia?
«Non andrei mai a viverci, ma ci vado ogni anno. Siccome i miei genitori e le loro famiglie hanno fatto sacrifici per il paese natale, ho voluto fare qualcosa per ricordarli. I minatori rimasti aspettavano da 25 anni un monumento al minatore e l'ho fatto realizzare nella piazza di Sommatino, dove giocavo da bambino. Quando ho compiuto 70 anni e l'azienda ne festeggiava 40, ho portato tutti i dipendenti con le loro famiglie in Sicilia con serata di gala a Taormina».

Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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