Francesco Menegazzo dopo una vita nella propaganda medica ha creato la “Eos”, azienda trevigiana che fattura oltre 3 milioni di euro e produce 2 milioni e mezzo di confezioni all’anno. «Abbiamo portato avanti l’idea di usare soltanto prodotti naturali diretti alle gestanti e al bambino». E la scelta di escludere alcuni tensioattivi è stata «una battaglia».
Il ragioniere Francesco, figlio di contadini cresciuto in una campagna della Bassa Padovana, dopo una vita nella propaganda medica si è messo in proprio e ha creato un'azienda di prodotti per la salute e di cosmetici. È' la "Eos" di Musestre di Roncade, sorta quasi sulla riva del fiume, non lontano da un mulino: ha una cinquantina tra dipendenti e collaboratori, un fatturato che supera i tre milioni di euro, produce 2 milioni e mezzo di confezioni in un anno. Il ragionier Francesco Menegazzo, 76 anni, di Carrara Santo Stefano (Padova), oggi gestisce un'azienda familiare nella quale lavorano i figli Matteo, Elisa e Giovanni.
Dalla campagna a industriale della cosmesi: un passo lungo.
«Sono figlio di contadini della Bassa e quella è la cultura da cui derivo.
«Le aziende italiane avevano una struttura di formazione interna che era una sorta di università per l'intero settore della sanità. Ho scoperto di essere una persona curiosa, mi sono fatto una preparazione dal punto di vista della conoscenza chimica dei prodotti e del contatto con i medici e con gli ospedali. Vedevo quali erano i problemi delle persone e come venivano risolti. Negli anni ho fatto anche l'assistente dell'amministratore di un distributore di farmaci che serviva più province, oltre ad avere un'esperienza di otto anni in un laboratorio chimico. Ho messo a frutto ogni conoscenza».
Quando è nata la Eos?
«Nel 1998 ho deciso di creare la Eos, con l'apporto essenziale di mio figlio Matteo; il nome l'abbiamo preso dalla dea greca dell'Aurora. Poi sono entrati anche Elisa e Giovanni che si occupano dell'area commerciale, della comunicazione e della logistica. C'è una rete vendite che va da Torino a Agrigento. Abbiamo un listino di oltre duecento prodotti diversi: una linea per la salute, una di cosmetici, un'altra di fitonutrienti e di oli essenziali. I nostri clienti sono soprattutto le farmacie e gli ospedali, poi i negozi di biologico; all'inizio erano le erboristerie. Nel 2000 avevamo già un marchio nostro e i primi prodotti nostri. L'idea di metterci in proprio è venuta dall'indagine che avevamo ordinato all'università di Ferrara sulla detersione delle gestanti e dei neonati».
«La ricerca metteva in evidenza fenomeni di dermatiti atopiche. Abbiamo portato avanti l'idea di usare soltanto prodotti naturali diretti alle gestanti e al bambino. Eravamo consapevoli che il momento in cui la donna, che è decisiva nella scelta del prodotto, è più sensibile all'acquisto è proprio quando aspetta un bambino. Le nostre referenti sono state le ostetriche con le quali abbiamo messo a punto detergenti, un idratante per il corpo, il primo shampoo, l'intimo. E' incominciata, ma è stata subito una battaglia: siamo stati i primi a sostenere scientificamente l'esclusione di alcuni tensioattivi utilizzati fino ad allora in quasi tutti i saponi liquidi».
Ma oggi tutto è naturale, tutto è bio?
«Il passaggio fondamentale per noi è stato nel 2005, quando abbiamo capito che la nostra missione non era tanto il "naturale", un concetto vago perché oggi tutto è naturale. Si rischia che le parole nascondano solo un business facile. Una ventina d'anni fa si doveva parlare di sicurezza d'uso dei prodotti e noi abbiamo adottato come punto di riferimento quello che viene chiamato il "principio di precauzione" che è regolamentato dalla UE: se non è evidente la nocività, la legge permette di usare quel prodotto. Noi, oltre alla normativa, adottiamo studi precisi e sostituiamo qualsiasi ingrediente sospettato di poter dare problemi. Il nostro riferimento non è più solo il naturale, ma è la sicurezza. Economicamente questo rappresenta un costo: un prodotto commerciale usa conservanti potenti per durare nel tempo o profumo perché spesso il consumatore è catturato dalla prima percezione».
E Matteo quando è entrato in azienda?
«Al liceo Franchetti di Mestre avevo compagni di classe che sono diventati medici o farmacisti, come il mio amico Vincenzo Rigamonti. Io mi sono lasciato presto coinvolgere nell'impresa di famiglia, a meno di trent'anni ero già preso del tutto: abbiamo incominciato con una nostra linea e l'orizzonte si è subito allargato. Nel 2005 è sopraggiunta una legge che consentiva, acquistando un marchio, di rinotificare un prodotto già esistente modificandolo senza altri costi. Così abbiamo rilevato un marchio e creato un nostro listino. Ho trovato la mia strada nella ricerca di materie prime affidabili che basassero la loro efficacia su studi comprovati».
«La farmacologia permette studi importanti, la fitoterapia è un mercato più povero e la ricerca va finanziata e favorita. Bisogna distinguere tra l'erboristeria che mette insieme le parti che funzionano, mentre la fitoterapia studia il dosaggio giusto per gli effetti cercati. Prendiamo il mirtillo: se vai in farmacia e prendi compresse di mirtillo trovi vari prodotti con prezzi diversi, dipende dalla purezza della materia prima e dal principio. Oggi dal punto di vista della distribuzione siamo al mercato liquido, anche negli scaffali della grande distribuzione ci sono prodotti farmaceutici».
Quali sono i vostri prodotti più richiesti?
«Quelli per il colesterolo e i lassativi per l'intestino; durante il Covid sono cresciuti i prodotti per l'ansia. Nel periodo della pandemia erano esaurite le vitamine B3 e K2 e mancava pure il Fluimocid, uno sciroppo per il raffreddore. C'era una richiesta forte dei prodotti per l'ambito del dolore e per le infiammazioni. È un mondo cambiato quello che il Covid ha lasciato. Quanto a oggi, per esempio, va forte il riso rosso fermentato, che produce questo attivo in grado di abbattere il colesterolo, ha la funzione delle statine senza gli effetti collaterali. Il colesterolo è molto diffuso tra la popolazione, è un problema da alimentazione non di grassi come si pensava una volta, ma di zuccheri».
Come disegnate il vostro futuro?
«Siamo un'azienda costruita con i piccoli passi, facciamo investimenti sui nostri prodotti, negli ultimi anni era importante comunque crescere. La situazione del mercato è difficile da interpretare soprattutto legandola all'andamento economico che risente di varianti imprevedibili. Poi c'è il fattore internet che sta buttando per aria le abitudini d'acquisto del consumatore».
«Infine, ci sono i Fondi che stanno comprando il nostro settore, dalle aziende alle farmacie. Un altro pericolo grosso è di tipo istituzionale ed è legato alla potenza delle lobby; certi prodotti che funzionavano troppo bene sono stati eliminati, o sostituiti o ridotti. L'Europa detta legge e in un settore come il nostro tira un'aria che non va bene, perché la UE è molto più esposta alle forze delle multinazionali. Infine, il grande problema della trasformazione del mercato dei prodotti per l'infanzia: bambini ne nascono sempre di meno».
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