Pazienti inviati al 118? I medici di famiglia: «Falso». Partono le denunce

Lunedì 16 Novembre 2020 di Alda Vanzan
Domenico Crisarà, segretario veneto della Fimmg

VENEZIA Alzata di scudi dei medici di base contro il collega Paolo Rosi che ha chiesto di schedare chi invia i pazienti al pronto soccorso senza aver effettuato alcun approfondimento clinico. Già si parla di esposti all'Ordine dei medici, ma anche alla Procura perché la disposizione di Rosi avrebbe diffamato l'intera categoria. «Una disposizione inappropriata, non si può sparare nel mucchio, vanno fatti nomi e cognomi di chi non si comporta come dovrebbe», ha detto Domenico Crisarà, segretario regionale della Fimmg veneta, il maggiore sindacato di categoria. «Una lettera minatoria», ha aggiunto Maurizio Scassola della Fimmg Venezia.

Bruno Di Daniel del sindacato Snami: «Siamo indignati, Rosi deve rispondere all'Ordine dei medici e non escludiamo di portare il caso in tribunale». E la Federazione regionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri del Veneto ha annunciato che «valuterà le opportune iniziative, da attuare nelle sedi preposte, a tutela della professionalità e del decoro dei suoi iscritti».

LA LETTERA Come riferito ieri, Paolo Rosi, in qualità di coordinatore del Comitato di crisi emergenza coronavirus, ha inviato lo scorso 13 novembre una disposizione ai direttori delle centrali operative Suem 188, ai direttori sanitari delle Ulss e ai direttori dei distretti, chiedendo di registrare i nominativi dei medici di medicina generale, ma anche quelli del Servizio di continuità assistenziale (l'ex Guardia medica) che inviano i propri pazienti al pronto soccorso senza averli prima valutati. Tutto questo perché ci sono «ripetute segnalazioni» pervenute dalle centrali operative del Suem relative a pazienti con febbre e sintomi respiratori che «vengono invitati a rivolgersi al 118 dal medico di medicina generale senza che questi abbia provveduto ad alcun approfondimento clinico».

LE REAZIONI «Una disposizione inappropriata e fuori luogo - ha commentato Crisarà - Se ci sono comportamenti difformi da quelli contrattuali ed etici è chiaro che devono essere segnalati, è da una vita che lo diciamo, ma diciamo anche che vanno valutati assieme, non aprendo un clima di caccia alle streghe, di delazione, con comunicazioni general-generiche come quella di Rosi. Anche perché qualcosina da correggere ce l'abbiamo tutti». Crisarà chiede «nomi e numeri». E sarcasticamente osserva: «Mi piacerebbe sapere cos'è successo durante l'estate: eravamo quelli che hanno fatto la differenza nella gestione dell'emergenza sanitaria rispetto al resto d'Italia, adesso sembriamo una professione di reietti. Che ci abbia infettato un virus? Magari il dottor Rigoli potrebbe inventare un tampone e scoprire cosa ci è successo». Ad annunciare carte bollate è Bruno Di Daniel dello Snami, il sindacato che non ha firmato l'accordo sull'esecuzione dei tamponi («Ma li facciamo lo stesso») e che ragiona sui numeri: «Il 96% dei positivi è a casa, non è ospedalizzato. Chi li segue? Noi li seguiamo, assieme ai colleghi del Servizio di continuità assistenziale e delle Usca. Seguiamo i pazienti che devono fare i controlli cardiologici e oncologici perché gli ambulatori in ospedale sono chiusi, facciamo i certificati di contumacia per chi deve fare la quarantena dopo essere stato a contatto con un positivo, facciamo la campagna anti influenzale, la diagnosi e la terapia Covid a domicioli, seguiamo gli anziani nelle Rsa. E Rosi si permette di dire che mandiamo tutti al pronto soccorso?». Infine il monito di Ivan Bernini, segretario generale Fp Cgil Veneto: sbagliato, dice, «rompere la coesione e la solidarietà tra professionisti della salute mettendoli gli uni contro gli altri». 

Ultimo aggiornamento: 10:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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