VENEZIA - Sono quasi 9mila i migranti arrivati finora in Veneto, di cui un decimo nel mese in corso. Gli arrivi in Veneto dal 1° agosto a ieri sono stati 865, di cui circa 400 nella settimana di Ferragosto che si è appena conclusa. Numeri che danno l’idea di quanto sia cresciuto il fenomeno degli sbarchi, con lo smistamento delle persone nelle varie regioni. Ieri erano attesi altri migranti a Selvazzano, in provincia di Padova, ma gli arrivi sono slittati di ventiquattr’ore. Tutto questo mentre cresce la contrapposizione tra i sindaci di centrodestra, in particolare della Lega, contrari a qualsiasi forma di accoglienza e quelli del centrosinistra che, a partire da Padova, hanno messo a disposizioni palestre e brandine.
IL MONITO
Ma se siamo già a 9mila migranti, di cui 400 nella settimana di Ferragosto, quali sono le previsioni? «Purtroppo - dice Carlo Rapicavoli, direttore dell’Anci del Veneto - non abbiamo dati certi che possano consentire una adeguata programmazione. Lo scopo principale che avevamo individuato come Anci sottoscrivendo il protocollo con le Prefetture era l’attivazione di una cabina di regia sempre operativa per un flusso ordinato e costante delle informazioni. Ribadito che la competenza è dello Stato, i Comuni secondo le disponibilità e le peculiarità organizzative di ciascuno e l’autonomia di ciascun sindaco possono cooperare solo se informati e coinvolti». I numeri sono «preoccupanti», dice Rapicavoli. Che avverte: «Non è pensabile di risolvere il problema a livello locale, con soluzioni tampone come l’uso delle palestre che servono solo a dare ospitalità immediata e temporanea a queste persone. Occorre un sistema che funzioni in tempi rapidi su identificazioni, accertamenti sanitari e definizione dello status giuridico in tempi rapidi, con rafforzamento dell’attività delle commissioni ministeriali e riduzione dei tempi, per valutare il possibile inserimento anche nel mondo del lavoro. Soprattutto i Comuni non possono essere lasciati soli nell’accoglienza e ospitalità dei minori non accompagnati per la carenza di strutture idonee in numero sufficiente e per i costi elevati solo parzialmente rimborsati ai Comuni».