Gaiatto davanti al giudice: «Non so nulla dei Casalesi»

Martedì 29 Gennaio 2019 di Cristina Antonutti
Gaiatto davanti al giudice: «Non so nulla dei Casalesi»
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PORDENONE - Otto ore di interrogatorio in carcere, otto ore per ricostruire un unico episodio: l'estorsione maturata tra il 6 e 20 febbraio scorso negli uffici croati della sua commercialista. Fabio Gaiatto, 43 anni, trader di Portogruaro in misura cautelare a Tolmezzo per la mega truffa della Venice Investment Group e per le intimidazioni di stampo mafioso ai danni dei suoi ex collaboratori di Pola, ieri è stato interrogato dal sostituto procuratore Massimo De Bortoli, titolare dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Trieste che ha portato all'esecuzione di otto misure cautelari. Accanto al magistrato c'erano tre finanzieri della Dia, accanto a Gaiatto c'era l'avvocato Guido Galletti.
 
È stato un interrogatorio serrato, cominciato alle 10 del mattino, proseguito senza soste fino alle 18.15 e appena sufficiente a chiarire soltanto uno dei due capi di imputazione. Il tentativo di estorsione non è stato nemmeno sfiorato dagli inquirenti. Gaiatto si è difeso. Ha negato di aver avuto contatti con il clan dei Casalesi, di aver minacciato la sua commercialista croata e gli altri ex collaboratori. Ha negato di aver investito i soldi dei camorristi e ribadito che voleva soltanto recuperare i suoi 10 milioni, quelli che gli avrebbero sottratto i suoi ex collaboratori. «Se me li avessero restituiti - ha detto - adesso non mi troverei in questa situazione».
È entrato nei dettagli ripercorrendo la vicenda sin dalla sua origine. Tutto sarebbe cominciato il giorno in cui Francesco Salvatore Paolo Iozzino, 56 anni, di Resana (Treviso) è andato negli uffici della Venice Investment Group di Pola per chiedere informazioni sugli investimenti fatti da due clienti di Gaiatto. Sarebbe Iozzino, dunque, il punto di contatto con gli altri indagati arrivati a Portogruaro dalla Campania.
Gaiatto ha confermato di aver partecipato all'incontro nello studio della commercialista di Pola. È in quell'occasione che, per la prima volta, avrebbe sentito parlare di Casalesi da parte di uno dei coindagati. Probabilmente si riferiva a Gennaro Celentano, che per intimidire la professionista croata disse: «Noi siamo i Casalesi, quelli veri...». Prima di quell'incontro non aveva mai avuto sentore di aver investito denaro per conto di famiglie malavitose. Aveva un unico cliente importante, che aveva investito somme rilevanti, sempre accreditate tramite bonifici bancari, ma non aveva mai avuto il sospetto che potesse essere denaro proveniente da clan camorristici. Soltanto dopo quell'incontro a Pola, aveva cominciato ad avere qualche dubbio sulle persone che avrebbero dovuto aiutarlo a recuperare i 10 milioni di euro. Ha anche negato di aver minacciato i suoi due ex collaboratori mimando il segno della croce e pronunciando la frase «siete due morti che camminano».
È curioso notare, infine, come una delle vittime delle estorsioni croate sia rimasta coinvolta in un'inchiesta della Guardia di finanza su una frode fiscale da 10 milioni di euro che coinvolge Sicilia, Londra e Croazia: il gruppo resuscitava imprese ormai decotte delocalizzandole all'estero e trasferendone il patrimonio, così da sottrarlo al Fisco. Una società che operava nel cosiddetto lavaggio industriale aveva sede a Pola e fa riferimento proprio alla vittima delle estorsioni del clan dei Casalesi.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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