Pordenone. Si era barricato nella vasca da bagno del Centro anziani e aveva lanciato manici di scopa ai carabinieri: condannato

Martedì 17 Ottobre 2023
L’INDAGINE Sul posto erano intervenuti i carabinieri che hanno ricostruito la sequenza dei fatti anche attraverso i testimoni

PORDENONE - La vasca da bagno del Centro anziani di Torre da una settimana era diventato il suo letto. Adriano Trevisan, 72 anni, originario di Camino al Tagliamento, non sapendo dove ripararsi dal freddo, si era sistemato nel bagno. Il 23 gennaio scorso è stato arrestato per resistenza. La sua presenza era stata segnalata già il giorno prima al 112. E i militari dell’Arma, intervenuti in via Piave, gli avevano dato indicazioni per trovare accoglienza e un riparo. Trevisan non ha tenuto conto delle indicazioni e ieri, processato per resistenza a pubblico ufficiale, è stato condannato dal giudice monocratico Francesca Vortali (vpo Beatrice Toffolon) a 9 mesi di reclusione.

Era difeso dall’avvocato Antonella Dimastromatteo.

Trevisan in quei giorni si lavava e dormiva nel bagno del Centro per anziani. Anzi, lo aveva occupato, tanto da indurre il personale addetto alle pulizie a chiamare i carabinieri. Quando l’equipaggio del Radiomobile ha bussato alla porta, l’uomo li ha invitati ad andare via. Il carabiniere ha aperto la porta, Trevisan era nella vasca piena d’acqua e gli ha lanciato dei manici di scopa. Il militare si è scansato, ma Trevisan aveva ancora un bastone e, uscito dalla vasca, lo ha usato a mo’ di spada per allontanare le forze dell’ordine. La pattuglia era composta anche da una donna che Trevisan ha inondato di parole pesantissime. Uno dei sei manici di scopa lanciati per far uscire i carabinieri dal bagno ha colpito di striscio, al fianco, un militare. Trevisan era adirato, continuava a minacciare e inveire: «Dovete morire con un colpo di pistola in testa». Oppure: «La vicenda Cucchi non vi ha insegnato niente». 

L’intervento era finito con l’arresto del settantenne friulano, processato l’indomani per direttissima e, dopo la scarcerazione, sottoposto all’obbligo della presentazione alla polizia giudiziaria tre volte a settimana. In prima battuta il procedimento era stato rinviato per consentire all’avvocato che era stato nominato subito dopo i fatti di valutare l’accesso a eventuali riti alternativi.

Ultimo aggiornamento: 11:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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