Omicidio Kurti, la moglie confessa: «Mio marito? L'ho fatto a pezzi come una gallina»

Mercoledì 31 Agosto 2022 di Francesco Campi
Omicidio Kurti, la moglie davanti al giudice ha ripercorso l'omicidio del marito

MASI (PADOVA) - Un racconto che se fosse la trama di un film apparirebbe poco credibile. Eppure è quello che la 68enne Nadire Kurti ha nuovamente ripetuto ieri, assistita dal proprio difensore, l'avvocato Franco Capuzzo, davanti al giudice per le indagini preliminari Pietro Mondaini, nell'interrogatorio di garanzia, confermando integralmente quanto già detto prima ai familiari, poi all'avvocato, al pm Maria Giulia Rizzo ed ai carabinieri che indagavano sul giallo di Badia, l'uccisione e la distruzione del cadavere del 72enne Shefki Kurti, originario di Durazzo, approdato in Polesine nel 1991 e arrivato alla pensione pochi anni fa dopo aver lavorato come muratore, brutalmente smembrato e gettato in sacchi neri nell'Adigetto. «Come si taglia la gallina», ha risposto con una semplicità disarmante, da massaia di campagna, alla domanda di chi, incredulo che quell'anziana donna potesse davvero aver fatto a pezzi il corpo del marito, su come avesse fatto a disarticolare il cadavere.


FOLLE GESTO
La mente obnubilata dalla gelosia e da vagheggiamenti su inesistenti amanti del marito: questa la molla che avrebbe portato la 68enne ad uccidere il marito. «Aveva un'altra - avrebbe detto la donna - voleva lasciarmi e portare la sua amante a vivere in casa nostra. Aveva anche un microchip nell'orecchio con cui le parlava sempre. Anche io sentivo la voce di lei. Voleva avere 90mila euro da Shefki». Fantasmi che hanno fatto scendere le tenebre. Un racconto che fluisce lineare ma che lineare non può apparire: dopo un litigio il marito le avrebbe puntato un coltello in pancia e lei, per tutta risposta, avrebbe preso l'accetta che l'uomo conservava dietro la porta della loro camera da letto, «lo spaccalegna» lo chiama lei, colpendolo alla nuca e fracassandogli il cranio, continuando a vibrare altri fendenti mentre lui è già agonizzante sul letto matrimoniale, rosso di sangue, poi con il lenzuolo ha spostato il cadavere in bagno, nella doccia, rendendosi conto che così non avrebbe potuto trasportarlo e decidendo quindi di tagliarlo, prima con l'accetta, poi con i coltelli presi in cucina, una mannaia, «il tagliacarne», ma anche quello per il pane, mettendo ciascun arto in sacchi neri e riponendoli nel congelatore. Poi, ha preso lo straccio ed ha iniziato a pulire dal sangue nella camera e nel bagno. É quello che l'ha tenuta impegnata subito dopo aver ucciso e smembrato il compagno. Infine, dopo aver atteso che calasse la notte, così da essere sicura che nessuno la vedesse, ha recuperato i sacchi con i resti surgelati del marito ed i coltelli per andare a buttarli nell'Adigetto.

E lì ha buttato anche i coltelli. Tutto questo il 21 luglio. Poi, le bugie ai figli, ed un orrore custodito nel silenzio, anche dopo che i pezzi del corpo del marito sono stati ripescati una settimana dopo, il 28 luglio. I carabinieri avevano già trovato le prime risposte. Anche se apparivano così terribili e così poco credibili. Ma nell'appartamento, per quanto la donna avesse pulito, le tracce del sangue erano state trovate copiose dal Ris. E tutti i tasselli del macabro puzzle hanno iniziato a collimare restituendo un quadro inquietante. Poi, la confessione. La donna è ricoverata nel reparto di Psichiatria dell'ospedale di Rovigo dal 12 agosto, dove da sabato scorso si trova in custodia cautelare, piantonata. «Qui mi fanno stare bene», avrebbe detto ieri.

Ultimo aggiornamento: 17:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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