BELLUNO - Ieri a Belluno, per la prima volta, ad un raduno delle penne nere del Triveneto, hanno sfilato le portatrici bellunesi.
In prima linea
Durante la Grande guerra, non di rado con le "taràle", cioè le calzature in legno, le portatrici, dai quattordici ai vent'anni, si recavano al fronte trasportando sulle spalle tavole e all'interno delle gerle filo spinato, viveri, biancheria. In Comelico, si recavano, affrontando i vari dislivelli altimetrici, per esempio, fino a Forcella Zovo, al Monte Curié, a Cima Canale, a Monte Col, in Val Frison. I sentieri che oggi vengono percorsi per le escursioni, da locali e turisti, oltre un secolo fa, spesso copiosamente innevati, videro l'impegno e il coraggio di queste ragazze, che garantivano l'arrivo dei carichi di viveri e munizioni alla prima linea.
La rievocazione
Nel 2019 il consueto pellegrinaggio al Passo della Sentinella, promosso dal Gruppo Ana di Comelico Superiore, in collaborazione con la Sezione Cadore, ha assunto un carattere particolare per il centenario dell'associazione nazionale degli alpini e per l'occasione sono stati previsti, all'inizio di settembre, diversi eventi. Tra i quali la rievocazione storica, supportata da rilevanti scritti dell'associazione "La Stua" di Casamazzagno, di alcune "portatrici" comeliane, centrocadorine, carniche e di Zoldo, che hanno offerto l'occasione per riflettere sulle figure femminili al fronte, troppo spesso dimenticate. Con il loro supporto, rifornimenti e munizioni arrivavano fino alle prime linee italiane, dove combattevano i reparti degli alpini. Giunte al fronte, le portatrici svuotavano le gerle, solitamente usate, prima del 1915, per il trasporto della legna e del fieno, e consegnavano il contenuto ai soldati. Si fermavano, quindi, per riposare o raccontare gli ultimi eventi del paese. Poi ripartivano, riempiendo spesso le ceste, da caricare sulle spalle, con la biancheria e gli indumenti dei soldati, che sarebbero stati poi riconsegnati puliti in occasione del viaggio successivo.
L'onoreficenza
A San Pietro le portatrici, Cavalieri di Vittorio Veneto, furono sessantadue. Il Disegno di legge 304 del gennaio 1969 fissò un limite anagrafico per richiedere ed ottenere il riconoscimento, cioè fino alla classe del 1900 compresa, lasciando "fuori" altrettante nate negli anni successivi, che pure avevano lavorato a fianco delle decorate. Successivamente il Ministero della Difesa, con riunione del Consiglio nel marzo del 1975, estese l'onorificenza a tutte le portatrici, fino a quelle nate nel 1905. Il ruolo delle donne, accomunate dal desiderio di sostenere, padri, figli, fratelli, mariti al fronte, non si concludeva però con le portatrici. Nelle realtà, prive degli uomini al fronte, le donne furono impiegate come manodopera civile in loro sostituzione, nei campi e per il confezionamento del vestiario dei soldati. A ciò si aggiunse l'impegnativo e massacrante lavoro di sgombero della neve, che cadde particolarmente abbondante negli anni del conflitto. Grazie all'impegno e alla fatica, le donne permisero che tutte le attività produttive proseguissero e contribuirono in modo considerevole ai rifornimenti delle linee più avanzate.