Sfilata degli Alpini a Belluno, Giorgia: «Io, 20enne volontaria nell'esercito, consiglio a tutti i ragazzi di farlo»

«Vengo da una famiglia di alpini e forse questo spirito ce l'ho nel sangue da sempre»

Lunedì 19 Giugno 2023 di Simone Tramontin
Giorgia Moscon

BELLUNO - Parlando di Alpini, c'è sempre la paura di raccontare al presente una storia legata al passato.

E destinata a non avere futuro, perché i giovani sembrano faticare: «Servirebbe i ragazzi facessero qualche mese di naja», una delle affermazioni più comuni degli alpini. Ma la parata di ieri dimostra a suo modo il contrario. Dimostra che lo spirito alpino batte forte anche nel cuore di molti giovani.

I giovani

Nel cuore di Giorgia Moscon, 20enne trentina, di sicuro. Cappello in testa, sorriso stampato in viso: una ragazza alpina, una scelta controcorrente? «Vengo da una famiglia di alpini e forse questo spirito ce l'ho nel sangue da sempre - esordisce Giorgia -. Ma di certo mi sono innamorata davvero di questo mondo sperimentandolo e vivendolo in prima persona. Ho voluto trascorrere un anno da volontaria nell'esercito, nel Quinto Reggimento a Vipiteno, e poi vivendo per alcuni mesi nelle truppe alpine. Certo, poca cosa ancora; ma di certo, pur in così poco tempo, ho portato via tantissimo per la mia vita da queste esperienze, qualcosa di davvero indescrivibile». Una scelta che Giorgia consiglierebbe a tutti i giovani. «Io volevo scoprire, vedere da vicino cosa realmente volesse dire intraprendere questa strada e l'ho provato. L'esperienza migliore? È la relazione, il legame profondo che si crea con i propri compagni, durante il percorso. Dico ai miei coetanei di seguire i propri sogni e tracciare la propria strada senza ascoltare troppo gli altri; lasciarsi attrarre dal fascino del mondo alpino, che ti porta a relazionarti con le persone. Soprattutto, ad aiutare le persone. Ora ci sono anche molte donne oltre agli uomini; una cosa che fa piacere, in generale: è bello vedere donne affermarsi un po' ovunque». Sulla testa il cappello portato dal padre; sulle spalle, il figlio Giulian. Abbracciato al collo del papà, porta un piccolo cappello d'alpino anche lui. Mattia Lazzarotto è un giovane bellunese che crede ancora nel futuro degli alpini: «Conosco il mondo alpino grazie a mio papà, purtroppo non ho fatto il servizio militare, perché ho 35 anni. Dico purtroppo, perché sarebbe stata certo un'esperienza utile. Forse la farà mio figlio, chissà». Le generazioni giovani Mattia le sente più vicine al mondo alpino di quanto si creda: «Lo spirito alpino è vivo anche nei giovani. Guardiamo alle bande musicali: ci sono tantissimi giovani. È uno spirito che continua a vivere: non è finito, si è solo trasformato rispetto al passato. Linguaggi diversi, magari. Ma i valori rimangono e sono percepiti. A me ciò che spinge ad avvicinarmi a questo mondo è il valore dell'amore per la propria terra. E l'aspetto del volontariato, che con gli alpini vive una marcia in più».

La vecchia guardia

Tra quanti hanno vissuto l'esperienza della naja in modo significativo c'è Graziano Tonon, alpino dell'anno nel 2013, che guarda ai giovani sperando possano cogliere lo spirito alpino come opportunità di vita. «Avremmo il dovere di andare per le scuole, far conoscere ai ragazzi la nostra identità, il nostro legame con il territorio. Credo che i valori che abbiamo ereditato dai nostri genitori e nonni siano pietre fondamentali per la vita. Possiamo dire ai ragazzi che un'alternativa significativa di vita c'è». Della stessa idea anche Giancarlo Perazzini, da Verona. «Là dove c'è bisogno, si vede sempre un cappello alpino: questo è un messaggio forte per i giovani. Darsi da fare. E dico che la naja servirebbe, fossero anche solo 6 mesi. Fare il militare "guarirebbe" molti atteggiamenti poco corretti di alcuni giovani d'oggi». 

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