Il papà di Samantha e il fine vita: «La sua non è una battaglia inutile»

Giovedì 27 Maggio 2021 di Olivia Bonetti Andrea Zambenedetti
Samantha con mamma Genzianella e papà
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FELTRE  «Se veramente il caso di Samantha riuscisse a smuovere le acque nella direzione giusta, vuol dire che mia figlia, anche nelle condizioni in cui si trova, è riuscita a fare qualcosa di grande». A parlare è il papà della 30enne di Feltre (Belluno), finita in coma irreversibile dopo l’operazione a una gamba. Giorgio D’Incà, carrozziere di Arsiè, di sacrifici ne ha fatti tanti.

Per i tre figli, per la famiglia. Ora sta portando avanti, con dignità, la battaglia più grande: ridare a sua figlia, che da 6 mesi si trova stesa su un letto d’ospedale a Feltre, quella libertà che la ragazza voleva. Staccare la spina e interrompere l’accanimento terapeutico, perché non tornerà più a vivere.

«Noi facciamo tutto per Samantha - dice - l’obiettivo è questo: lasciarla andare. La nostra vita purtroppo, tra virgolette, ormai è rovinata. Samantha sarà nel nostro cuore per sempre, ma che almeno abbia pace». Ieri papà Giorgio è stato contattato dall’associazione Luca Coscioni, che si batte per le libertà civili. «Mi hanno chiesto - racconta - se potevano portare questo caso a Roma, in Parlamento. Loro si stanno battendo da anni per il riconoscimento del diritto al fine vita. Purtroppo c’è una carenza legislativa mostruosa. Speriamo quindi che questa situazione smuova le acque che deve smuovere, perché la vita di Samantha, ormai, è terminata quel 4 dicembre quando è entrata in coma».


LA SOFFERENZA
Papà Giorgio, come tutta la famiglia, parla di Samantha al passato. «Adesso c’è il corpo di Samantha - sottolinea - ma mia figlia non c’è più. Se ne è andata, con la sua vitalità, il suo sorriso, il suo modo di fare. Ho una voglia infinita di vederla, ma quando vado in ospedale, sapendo com’era...». «Noi ci siamo opposti al sondino per l’alimentazione - sottolinea e consideriamo tuttora quello che stanno facendo a mia figlia accanimento terapeutico. Abbiamo firmato all’Ulss una liberatoria dicendo che noi rifiutiamo l’accanimento terapeutico su Samantha, ma non è bastato. Abbiamo portato in Tribunale, di fronte a un giudice, la nostra testimonianza su quello che pensava Samantha del fine vita, ma non ha valore legale. È un’assurdità: se io vado a testimoniare contro un reato, la mia testimonianza è valida, se però testimonio su quali erano le ultime volontà di mia figlia non hanno valore per obbligare i medici a lasciarla andare».

La famiglia di Samantha D’Incà, infatti, ha fatto ricorso al giudice tutelare, tramite l’avvocato Davide Fent di Feltre, per ottenere l’autorizzazione a staccare la spina e lasciare morire la ragazza. Ad oggi sono in attesa della decisione del giudice del tribunale di Belluno. «Il luminare di Innsbruck, chiamato come consulente in tribunale - prosegue il padre della ragazza -, il professor Leopold Saltuari, ha detto che ora ha le capacità di un bimbo di un mese. Se tutto va bene, dopo una lunga riabilitazione, potrà arrivare alle capacità di un bimbo di 3 mesi. Già ora nessuna struttura la vuole, ritenendo che non vi sia margine di miglioramento: dovrà essere ospedalizzata a vita». Papà Giorgio vede gli occhi di sua figlia e piange. «E quando vado da lei - dice - mi sembra che mi dica “sono stanca”, mi dà l’impressione che mi dica “basta”. Io tante volte le dico Samantha scusa perché non sono ancora riuscito a darti quello che tu vorresti».


L’APPROCCIO MEDICO
Un caso che scuote le coscienze ma anche la scienza. «Davanti a queste situazioni - spiega il presidente della federazione degli ordini dei medici del Veneto, Francesco Noce - si capisce il dolore che hanno i familiari, che vedono una persona in una situazione in cui non vorrebbero vederla. È per questo che è nata la legge. Nel dna di noi medici e nel nostro codice deontologico c’è il salvare le vite, non certo di dare la morte. È sempre una scelta difficilissima ma un medico non può essere lasciato solo a prendere questa decisione. Nel nostro codice deontologico abbiamo chiari i concetti: siamo contro l’accanimento terapeutico ma allo stesso tempo anche contro qualsiasi forma di eutanasia. Adesso che c’è la legge è la volontà della persona che conta e soprattutto quello che ha lasciato scritto».

Ultimo aggiornamento: 28 Maggio, 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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