Mogliano Veneto. Ester, a 6 anni in fuga dalle leggi razziali: «Fu sconvolgente»

Sabato 27 Gennaio 2024, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 11:57

La testimonianza

«Finché sarò in vita sento il dovere di raccontare la storia di mio padre, la storia della mia famiglia, la storia di molti ebrei italiani». Vicenza, un palazzo signorile, una casa editrice che è il perno della vita intellettuale della città e lancia figure come Neri Pozza. Al timone Ermes Jacchìa, intellettuale ed editore figlio di una famiglia israelita di grandi tradizioni di Lugo di Romagna. «Mio padre era un ragazzo del ‘99 e non ha mai fatto mistero delle sue idee politiche. Uomo di sinistra, diventerà un antifascista legato ad esponenti della futura DC e del partito socialista». E a Pietro Nenni sono destinate alcune lettere oggi conservate nell’archivio del senato. «Partiamo il primo gennaio e arriviamo nel Sud della Francia. Andiamo in una tenuta agricola gestita da un vicentino: mia madre si ingegna stirando camicie, mio padre viene assunto come contadino. In realtà diventa il contabile dell’azienda agricola». Anni difficili, nei quali però gli Jacchìa si sentono quasi dei privilegiati. I loro amici e famigliari subiscono la deportazione nei campi. Arriva il 1943. «I nazisti invadono il Sud della Francia e noi siamo costretti a scappare di nuovo. Ma siccome mia madre è cattolica e i miei genitori non hanno voluto impormi una confessione religiosa, io risulto ariana. Non posso salire sul treno degli ebrei che ritornano in Italia. Mia madre si impunta, va dal console, ottiene un permesso speciale che ci salva la vita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA