Quei piatti di pesce nel nome dei padri

Mercoledì 22 Maggio 2019
Quei piatti di pesce nel nome dei padri
Antonio Di Lorenzo

È la cucina dei padri, la loro memoria, la loro personalità, quella che ha plasmato la storia dei figli, che riaffiora quando si parla di piatti di pesce. Per averne conferma basta parlare con Lionello Cera, 53 anni, due stelle Michelin per quell'Antica Osteria che ha la sua stessa età e che porta il nome di famiglia a Campagna Lupia, nel Veneziano: «Mio papà Rino era un pescatore. Oggi parliamo di capesante e branzino, ma cinquant'anni fa era l'anguilla la regina dei tavoli. Lui la pescava nelle valli della laguna e costituiva l'80 per cento di quanto portava a casa. Ricordo quelle con la pancia gialla, piccoline, che mamma Silvana poi friggeva all'Osteria. Erano i cicheti che offrivamo con il vino. Noi adesso la mettiamo in menu laccata con i Capitelli di Roberto Anselmi. La tecnica l'ho imparata in Giappone: dopo una prima cottura fermo tutto quindi lacco l'anguilla e la passo al forno. Così resta morbida e gustosa». Fra le mille specialità dell'Osteria, in cui lavora la moglie Simonetta, maitre, e i due fratelli, Daniele e Lorena, vanno ricordate le moeche nature, perché Lionello le frigge solo passandole nella farina senza immergerle nell'uovo.
Anche per Gigi Camozzo, 62 anni, il pesce è una storia familiare. Di più. Lui la trattoria l'ha vissuta da quando respira. Letteralmente. Perché? Perché è nato su un tavolo del locale di famiglia Ai frati di Murano: aveva troppa fretta. È Gigi adesso il contitolare di quella trattoria in cui dagli anni Cinquanta hanno cucinato la nonna Vittoria e la mamma Elda: il fratello Giovanni, 55 anni, lavora in cucina. Lo aiuta la figlia di Gigi, Irene, 28 anni, e l'altro figlio, Carlo. La terza figlia, Rita, è specializzata nei dolci, specialmente il tiramisu. È talmente forte il legame familiare con il pesce e il cibo che il richiamo ha funzionato benché i due fratelli avessero in gioventù intrapreso altre strade. Erano calciatori: Gigi ha giocato nel Venezia sino alla promozione in C2 nel 1978, Giovanni nella Primavera del Lanerossi Vicenza assieme a un adolescente Roberto Baggio. Ai frati si prepara uno dei migliori risotti ai gò del Veneto (qualcuno sostiene il migliore in assoluto), oltre a fritture e ad altri piatti tipici, come spaghetti alle bevarasse o seppie in umido con la polenta. La mamma Elda vuole ancora controllare, vigile.
Il papà è tutto nella vita di Daniel Lazzaro, 38 anni, con genitori siciliani trasferitisi a Montebello nel Vicentino. Lui si definisce cuoco pescatore e s'è inventato da dieci anni un locale sulla rocca di Arzignano. Nel regno della concia ha aperto I Maltraversi, regno del pesce, che è una sua memoria profonda: «Da piccolo spiega papà Biagio mi portava a pescare, prima in Sicilia e poi nella laguna. Sono stati i momenti più belli della mia infanzia, quelli che non avrei scambiato per nessun regalo di compleanno o sorpresa di Natale. Emozioni, profumi, odori, l'acqua salata sulla faccia Tutto mi entrava dentro». Tra le sue passioni c'è l'ostrica: non solo quella francese, ma quella rosa di Scardovari. È l'Ostrica Rosa Tarbouriech, che rientra nella tipologia di quelle allevate in verticale, ovvero legate ad una corda e tirate fuori dall'acqua per simulare la marea. Il nome della varietà deriva dall'ostricoltore francese che ideò questo sistema di coltivazione.
Se non ci fosse il papà Toni (che in realtà si chiama Vito) che a 85 anni la obbliga a trasformare in passata due quintali di pomodori coltivati sui tre ettari di proprietà a Corezzola, l'anguilla al sugo di Serena Franzolin non sarebbe in menu. Quarantadue anni, sposata con Francesco Luise, 44 anni, genitori di due figli, Serena e Francesco hanno cementato nel nome del locale l'avventura professionale e la vita di coppia: da poco più di un anno a Piove di Sacco hanno aperto l'Osteria Frase, dalle iniziali dei loro nomi. Risotto di gò, anguille e moeche sono fra le sue specialità, come i gamberetti su polenta biancoperla. Le anguille le cucina pure grigliate, le moeche le presenta anche in saor. Le moeche sono quelle della famiglia Bognolo, antesignani della pesca a Venezia: «Le moeche precisa Michele Bognolo sono prima di tutto quelle della Giudecca, perché è stato mio nonno a insegnare a tutti gli altri, a iniziare dai buranelli». Sul risotto Serena spiega: «Ogni volta penso a Gualtieri Marchesi, che è stato il mio maestro. Cucino da quando avevo otto anni, ma di fronte a lui ti senti sempre una novellina. A un corso lui giudicò perfetto il mio risotto alle cozze, zafferano e spaghetti di zucchina. Me lo ricordo ancora».
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