La montagna di Celio Corona cerca se stesso

Martedì 27 Ottobre 2020
IL LIBRO
Excusatio non petita accusatio manifesta. Mauro Corona che, come ama dire, ha letto due camionate di libri facendosi un po' di cultura, conosce bene questa locuzione latina. Nelle note introduttive a L'ultimo sorso. Vita di Celio (Mondadori), in uscita in questi giorni, usa furbescamente la formula eventuali attinenze e somiglianze con fatti, persone e cose realmente esistiti sono da ritenersi puramente casuali. Una scusa non richiesta, appunto. Perché Celio, il personaggio che non è mai esistito nella realtà, protagonista del libro, è Mauro Corona che, raggiunto il traguardo dei settant'anni di una vita spericolata, in questo libro - che segna un ritorno alla grande scrittura, quella autentica, meno commerciale e più introspettiva, che sgorga dall'animo - si guarda indietro e si racconta. Meglio, si confessa.
MIX DI IDENTITÀ
L'autore e il protagonista si sovrappongono in un mescolamento di identità, tipico di Fernando Pessoa, uno degli scrittori più amati da Corona. Scopriamo il Mauro bambino orfano di due genitori viventi. Una definizione che la dice lunga sulla profonda ferita che ancora non si è cicatrizzata. Il piccolo canaj (bambino, ragazzo nell'idioma ladino), abbandonato dalla madre e pestato dal padre, è cresciuto alla scuola aspra, dura e violenta degli uomini delle montagne. Spaccapietre, boscaioli, cacciatori, bracconieri, bestemmiatori. Un mondo molto lontano da quello di Heidi. Corona lo ha sempre detto che viene dall'inferno e si è riscattato grazie ai libri: prima quelli letti (le garze per curare le ferite del mio animo), poi quelli scritti, per gridare tutta la rabbia che aveva dentro e tutto l'amore per la natura, la sua vera madre.
L'INVENZIONE
Per raccontare tutto questo, ha inventato il personaggio di Celio, nato nel 1910, e che Mauro, nato quarant'anni dopo, ha cominciato a frequentare da bambino, trovando in lui quel padre che non aveva mai avuto. Celio, guardacaso, è un lettore onnivoro di libri, boscaiolo, scultore e grandissimo bevitore. Tutte attitudini speculari a quelle dello scrittore. Anche i luoghi sono quelli che i lettori di Corona hanno imparato a conoscere. Come per Camilleri tutto ruota attorno a Vigata, per Corona c'è Erto, con le sue montagne e la Spoon River del vecchio paese, quello cancellato dall'ondata del Vajont. Luoghi e personaggi che ritornano sempre. Celio, morto a 65 anni distrutto dall'alcol, è stato un grande interprete dell'epopea ertana. Un solitario, misogino e misantropo, che ha scelto di vivere libero da ogni schema o vincolo sociale. Un cervello fine, dal pensiero acuto. Poche parole, ma autentiche sentenze. Un burbero, che era meglio non far arrabbiare. Non ha avuto figli, ma è stato una specie di padre per Mauro, lo ha accompagnato nel passaggio dalla fanciullezza (ma il termine suona stonato in quel contesto così ruvido) all'età adulta. Gli ha insegnato tutto. La filosofia di vita di Celio è la stessa che abbiamo imparato a conoscere dallo scrittore di Erto.
L'INIZIAZIONE
Un po' guascone, aggressivo e apparentemente sicuro di sé. Mai sottomesso, sempre fuori dal coro. Ma nel libro scopriamo anche il prima. Gli anni dell'iniziazione del piccolo canaj, sempre alle calcagna di Celio, su per gli impervi sentieri e giù dalle cime scalate con sprezzo del pericolo e l'incoscienza della gioventù. È Celio che ha insegnato a Corona ad andare a rane, lumache e funghi a sparare a camosci, cervi e galli cedroni, a pescare con la dinamite, a fare il bracconiere a tagliare alberi, lavorare il legno, scalare montagne, sopravvivere in una caverna e bere vino. Quella dell'alcol è una maledizione che incombe sempre nelle storie ertane. Sembra incredibile come il mondo di Corona sia immerso nell'alcol. E del resto lui stesso non ne ha fatto mai mistero, anzi la bottiglia di vino sul tavolo, quando presenta un libro, è un suo segno di distinzione. Celio beve ancora di più. Quantitativi inimmaginabili, che regge abbastanza bene. Il suo giovane discepolo, anche in questo campo ha appreso velocemente. Ma per Celio alla fine il vino ha presentato il conto. E la morte non ha fatto sconti. L'uomo che è esistito solo nella fantasia di Mauro Corona, ha lasciato allo scrittore un'eredità importante: gli ha insegnato che la vita ti scolpisce un po' alla volta e non ti dà mai una prova d'appello. Non si fa prima la brutta copia. Come diceva Gabriel Garcia Marquez, va vissuta per raccontarla. E Mauro Corona, quando racconta le storie che ha vissuto e gli escono dal cuore, riesce sempre a lasciare il segno.
Vittorio Pierobon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci