La memoria sul filo di lama

Martedì 15 Giugno 2021
La memoria sul filo di lama
LA STORIA
Il ferro, la mola, l'incudine, da secoli forgiano il carattere della comunità di Maniago, cittadina della pedemontana friulana, la Città dei Coltelli che fin dal Quattrocento è stata popolata da battiferro che realizzavano lame e armi bianche per la Serenissima. A Manià tutt'oggi si parla, oltre al friulano, il dialetto maniaghese, una forma dialettale veneta coloniale simile al veneziano e trevigiano. Il sapere artigiano per la lavorazione del ferro si è trasformato nelle epoche, per creare ogni genere di manufatto, dai bisturi chirurgici, alle armi bianche utilizzate nei combattimenti dei film di Hollywood come Braveheart, Rambo, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo.
IL BATTIFERRO
Il tonfo dei battiferro ha scandito il ritmo della vita delle persone non solo nella storia secolare della comunità ma anche nella quotidianità di ogni individuo per secoli, e così tutt'oggi. «Quando ero piccolo arrivava San Nicolò: un anno mi ha portato la mola dell'arrotino a pedale, l'anno dopo l'incudine, il martello e la pinza. Avevo messo su la fabbrica». «C'era la porta di casa e la porta dell'officina: una a fianco all'altra. Così vicine che ci nascevi dentro, in officina. Uscivi prima da lì che dalla porta di casa tua». Ecco piccoli stralci di racconti orali di artigiani e di artigiane maniaghesi, proprietari della propria bottega di operai che hanno iniziato a popolare quella rete industriale e di terzisti ante litteram.
L'IDENTITÀ
Racconti che creano un inedito diario di ricordi costituito dalla mostra Lamemoria, non una semplice esposizione, bensì il frutto di un laboratorio editoriale e narrativo durato cinque anni e realizzato dal Museo dell'Arte Fabbrile e delle Coltellerie di Maniago, curato e coordinato da Marta Pascolini. La mostra sarà inaugurata oggi, fruibile dal pubblico dal giorno successivo, diventando uno degli appuntamenti centrali della manifestazione settembrina Coltelli in Festa. L'esposizione è frutto di un progetto voluto dall'Amministrazione comunale e sostenuto dalla Regione Friuli Venezia Giulia.
I RACCONTI
Nel 1873 venne fondato il Co.Ri.Ca.Ma. la prima grande fabbrica di coltelli e strumenti da taglio di Maniago. «Come la religione era regolata dall'ora del campanile, la vita di Maniago era regolata dalla sirena del Co.Ri.Ca.Ma. Alle 7.25 l'ultimo fischio della mattina: dovevi essere già dentro e aver spostato la medaglietta. Alle 7.30 dovevi essere seduto al tuo posto» raccontano le didascalie dell'esposizione. «Si era sempre alle mole: le mani ricoperte di grasso lavoravano anche per 10 ore. Si mangiava seduti: pane e grasso. Una grattata col grasso alla mola e una mangiata al panino». «Tutti lavoravano nelle coltellerie: chi in officina, chi a casa, chi di sera, chi a nero, chi faceva il contadino e lo faceva come secondo lavoro. Se non eri tu che ci stavi in officina, lo faceva tuo padre, tua madre o tuo zio». E ancora, «in officina ci si innamorava. Operai con operai, padroni con padroni, operai con padroni. Io, mio marito, l'ho conosciuto al reparto fotoincisione del Co.Ri.Ca.Ma. Sarà stata la trielina che mi ha ubriacata e mi sono innamorata di lui».
LA RICCHEZZA
I coltellinai di Maniago - che ogni anno conquistano premi e riconoscimenti internazionali nelle fiere di settore - arrivano da questa tradizione secolare che ne ha plasmato anche il carattere e soprattutto una particolare attitudine all'inventiva e alla fantasia. «Per secoli ci si è rivolti ai fabbri maniaghesi, che hanno dovuto imparare ad accogliere ogni richiesta, a predisporsi nel dare risposte a ogni esigenza. Oggi sembra una cosa quasi naturale, l'industria customizzata» racconta Marta Pascolini. Così nasce LaMemoria. «È stato un processo partecipativo di comunità. Nel 2016 abbiamo aperto il primo tavolo di lavoro, è stato l'avvio di un discorso di memoria collettiva. Abbiamo invitato coltellinai a confrontarsi inizialmente su una mappa del paese. Abbiamo individuato 440 luoghi maniaghesi che danno la misura della densità del lavoro. Questa mappa è diventata centrale per sviluppare la mostra e ha visibilmente riempito di senso la categoria del lavoro, non solo inteso come luogo dove si crea. Le botteghe erano attigue e tutt'uno con la casa, con il magazzino con i luoghi di ritrovo dei coltellinai» prosegue Pascolini. Questo processo di oralità condivisa ha trovato sviluppo interrogandosi su ciò che attiva i flussi di memoria: il paesaggio, ma anche il fatto di rivivere certe gestualità.
ALLA MOLA
La mostra ruota attorno a sei nuclei tematici: la geografia del ricordo, gli oggetti, gli attivatori di memoria ovvero i testimoni che hanno scritto oralmente il racconto, la sezione dedicata all'ingegno e ai brevetti, l'area dedicata alla socialità e agli spazi condivisi. Conclude una speciale sezione dedicata alla memoria delle donne. «Abbiamo coinvolto alcune donne come attivatrici di memoria. Si sono avvicinate inizialmente con l'idea di raccontare le storie dei loro mariti, dei fratelli o dei padri. In realtà nel racconto è emerso che loro stesse erano artigiane, operaie, titolari di bottega, coltellinaie, responsabili di azienda, bravissime in alcune lavorazioni come la molatura, e non solo l'amministrazione. Hanno iniziato un percorso di narrazione collettiva femminile che ha spostato l'angolazione. Spesso erano madri che si trovavano a dover conciliare la famiglia con il lavoro, che vivevano proprio nella prossimità, anche fisica, della bottega e della cucina. Sono questioni che oggi sappiamo essere un dibattito attuale. Scopriamo che spesso non si trattava solo di matrimoni, bensì di sodalizi familiari lavorativi» prosegue la curatrice Marta Pascolini. Ogni sezione della mostra utilizza modalità diverse per attivare il confronto spesso multisensoriali. «Soprattutto è una mostra non finita, perché si fonda sul racconto. Ci impone di spostare la riflessione sulla contemporaneità e sul futuro. Chiederci come connettere questo patrimonio di memoria con ciò che il presente ci offre come possibilità, e interrogarci quindi su quali saranno le forme di memoria del futuro. Abbiamo cercato di restituire il processo che ha contraddistinto questo lavoro proponendolo in un racconto condiviso ma anche personale su cosa significa vivere a Maniago, essere fabbri e coltellinai» conclude Pascolini.
Valentina Silvestrini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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