De Carlo studia l'egocentrismo «Una società fatta solo di selfie»

Giovedì 24 Settembre 2020
De Carlo studia l'egocentrismo «Una società fatta solo di selfie»
L'INTERVISTA
La storia comincia a gennaio e inizialmente si affaccia sul lockdown, portandone quasi dei segni premonitori. Poi, man mano che va avanti, si insinua al suo interno, come un'ombra che lascia sui quattro protagonisti le avvisaglie di quella che sarebbe stata poi una catastrofe collettiva. Parla di questo, e di tanti altri temi, infatti, Il teatro dei sogni, l'ultimo romanzo di Andrea De Carlo edito da La nave di Teseo, in libreria da oggi e che sabato alle 18,30 verrà presentato online alla Fiera delle parole, accompagnato dalla musica.
Lo scrittore milanese due anni dopo Una di Luna, attingendo alle sue capacità di osservazione sociale e di indagine psicologica, propone un racconto ironico, esilarante, polemico, che si snoda attraverso la narrazione delle vicende di due uomini e due donne, dei loro sogni intesi come aspirazioni, per arrivare ad approfondire gli argomenti che gli stanno a cuore. Una sorta di viaggio con la mente, ambientato in un periodo in cui muoversi davvero risulta più difficile.
De Carlo, ci anticipi a grandi linee la trama.
«Innanzitutto i luoghi di cui parlo sono di mia invenzione. La vicenda comincia il primo gennaio di quest'anno, proprio alla vigilia della pandemia, quando Veronica Del Muciaro, inviata di un programma televisivo trash, sta per morire soffocata da una pezzo di brioche in un caffè di Suverso, cittadina del nord, mentre si fa un selfie. La salva uno strano e affascinante archeologo, il marchese Guiscardo Guidarini, uomo di poche parole, ma che le rivela di aver riportato alla luce un sito importante. Lei scopre di cosa si tratta e lo rende pubblico in diretta, scatenando una furiosa competizione tra Comuni e sindaci rivali, giornalisti e autorità scientifiche che finiscono per duellare uno contro l'altro. Il libro parla anche di politica, ma dal di dentro, mettendo in luce i rapporti tra le persone e le loro aspirazioni».
Da dove ha preso spunto per un incipit così geniale?
«È un'intuizione, spero azzeccata, che dà l'avvio al racconto per descrivere in forma dialogante, l'egocentrismo che imperversa oggi, con persone che arrivano a rischiare la vita per farsi un video con il telefonino magari sull'orlo di un precipizio, da condividere sui social per guadagnare qualche like e sentirsi approvate, e senza esitare a mettere in piazza anche i fatti più intimi».
E poi come prosegue?
«Da qui comincia una caccia al tesoro, una ricerca che scava per portare alla luce le ragioni dei quattro personaggi, facendone emergere verità, segreti, ambizioni, paure e sogni sopiti, in chiave satirica e con molti aspetti comici. Alla fine ne viene fuori uno spicchio di vita, costituito da elementi diversi, da duelli che trascinano, cioè che fanno cioè da traino a una trama che si muove».
La scrittura di questo suo ventunesimo libro è uguale a quella dei precedenti?
«C'è una ricerca di stile e nei vari capitoli la prospettiva cambia, con ogni protagonista che ha un suo modo di descrivere la realtà, con la passerella che si sposta dall'uno all'altro e ciascun personaggio ha un suo modo di descrivere la giornata. Poi, nel racconto ritornano alcuni filoni che avevo affrontato in precedenza, come l'ambiente, attraverso il marchese-archeologo, talmente ossessionato dalla distruzione del paesaggio, da farne una malattia».
Anche la copertina, con un'anatra rossa in primo piano, e un cielo blu a far da sfondo, è opera sua.
«Sì, l'ho dipinta io sulla tela e fa parte della storia perché nella casa dell'archeologo ci sono appunto grandi anatre che volano sopra gli stagni, suggerendo immagini e atmosfere del romanzo. Mentre scrivevo ho preso i pennelli ispirato da quello che stavo raccontando».
Sull'emergenza Covid che si coglie nel libro lei che riflessione fa?
«Che ci ha insegnato a vivere una vita non ripetitiva e ad abbracciarsi di meno».
Nicoletta Cozza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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