Ci eravamo cullati all'idea che la fusione tra Psa e Fca fosse alla pari. Questo

Domenica 24 Gennaio 2021
Ci eravamo cullati all'idea che la fusione tra Psa e Fca fosse alla pari. Questo era convenuto nel pre-matrimonio alla fine di ottobre del 2019. I francesi nel frattempo si sono rafforzati e nell'accordo di conservazione si scrive chiaramente che Psa è società acquirente. Chiaro che ciò non sminuisce l'importanza dell'accordo. Con la fusione entrambe le società migliorano il posizionamento competitivo nel settore che si sta concentrando sempre più. Per Fca era certo preferibile Renault per le migliori sinergie e complementarità di tecnologie e mercati, ma pur sempre con questa fusione concorre a formare il quarto gruppo automobilistico mondiale con 8,1 milioni di auto vendute e oltre 180 miliardi di euro di fatturato.
Si realizza un'idea molto ambiziosa di Marchionne. Non trasformare in americana un'impresa che era stata italiana per 110 anni e costruire un gruppo globale grazie all'acquisizione di una terza componente in grado di ampliare il perimetro del nuovo gruppo automobilistico. E questa terza componente è una storica famiglia francese operante da sempre nel settore automobilistico. Una conferma della vitalità di molte imprese familiari che durano nel tempo, sapendo adottare modelli aziendali consoni con l'evolversi del settore e del mercato.
La governance di Stellantis rispecchia l'azionariato con Carlos Tavares amministratore delegato e John Elkann Presidente; un azionariato, tuttavia, sbilanciato a favore dei francesi che portano, tra i loro consiglieri, il rappresentante dei lavoratori Psa e quello dello Stato francese. Il viceministro dell'economia Antonio Misasi è intervenuto non escludendo l'ipotesi di un ingresso pubblico analogamente alla quota posseduta dal governo francese. Il tutto visto in una politica industriale che coinvolga l'intero settore automotive. Richiesta già lanciata da Romano Prodi su questo giornale.
Il Ceo Tavares preparerà il piano entro l'estate con le mission produttive degli stabilimenti, le piattaforme e i modelli. L'integrazione porterà sinergie pari a 5 miliardi l'anno, ma le due società hanno ribadito che ciò non avrà ripercussioni sulle fabbriche del gruppo e sull'occupazione. Ma i sindacati italiani sono all'erta, temono che la bilancia si sposti a favore delle fabbriche francesi, visto che il governo di Parigi si è posto l'ambizioso obiettivo di far diventare la Francia il paese leader per l'auto elettrica. Strano, ma anche gli stessi sindacati francesi avvertono qualche preoccupazione.
Due le sfide da affrontare. In primis la diversificazione geografica entrando nel mercato cinese, dove il gruppo segna una scarsa presenza mentre è là che è prevista la buona crescita. L'altra sfida è quella a cui tutti gli operatori dell'automotive stanno muovendo i primi passi, il passaggio al motore elettrico, vetture digitali e guida autonoma. Un terreno ignoto sia per gli standard diversi di piattaforme da utilizzare sia per l'alimentazione elettrica che dovrà, in prospettiva, diventare sempre più verde.
Nel gruppo vi è il colosso Faurecia, da 17 miliardi di fatturato, vertice della componentistica transalpina. Il pericolo è che a Faurecia sia affidato un potere di orientare tutta la politica di fornitura del gruppo e disciplinarne i flussi. Naturalmente per i nostri supplier sarebbe un problema in più, in un'epoca di profondi cambiamenti nelle piattaforme tecnologiche.
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