LA SITUAZIONE
CASIER Nel pesante clima che si respira da giorni nel complesso

Domenica 2 Agosto 2020
LA SITUAZIONE
CASIER Nel pesante clima che si respira da giorni nel complesso della ex caserma Serena, alle tensioni legate al Coronavirus e alle proteste degli ospiti è andato ieri ad aggiungersi l'arresto di uno di questi. Protagonista di una sequela di atti violenti nella mattinata di sabato, il ventiseienne T.A., africano del Gambia, è stato ammanettato dopo un rocambolesco intervento degli agenti della questura di Treviso. Seppur d'impatto, il fermo dello straniero non è che la più estrema forma del disagio che si sta vivendo negli ultimi giorni all'interno dello hub di Dosson gestito dalla cooperativa Nova Facility. Una situazione dove la tensione raggiunge picchi di grande risonanza, come avvenuto ieri mattina, ma che serpeggia latente e meno visibile da un tempo molto più lungo.
CONVIVENZA COMPLESSA
L'arresto è infatti avvenuto in un clima generale in cui la pressione è estremamente forte. Nonostante nell'ultima settimana, dopo la venuta alla luce del focolaio di Covid-19, tutti gli ospiti del grande complesso di Casier siano stati sottoposti a tampone e i positivi siano dislocati in un settore apposito del tutto separato dai tre padiglioni destinati ai negativi gli attriti non mancano. Attriti che non solo prendono la forma di atti di danneggiamento e aggressivi nei confronti degli operatori e del personale proveniente dall'esterno, ma che si sviluppano in primis tra gli stessi richiedenti asilo. La principale motivazione è l'assai difficile convivenza tra migranti di diverse etnie, che hanno origini, abitudini, spesso anche religioni molto diverse e che non di rado entrano in conflitto in una situazione di convivenza forzata e costante. Prima dell'emergere del recente focolaio i richiedenti asilo hanno sempre vissuto tutti a stretto contatto dividendo camere, servizi igienici e spazi comuni senza distinzioni in base al Paese di origine. Ora, quello che già prima era a tratti emerso come una difficoltà nota, va a sommarsi ai malumori legati alla paura del contagio e diventa un problema che non fa che esacerbarsi. Nonostante la separazione tra positivi e negativi in attesa della prossima turnata di tamponi, riuscire a tenere separati gli ospiti dei diversi settori risulta non di meno estremamente complesso, soprattutto per motivi di spazio. Una difficoltà che si vive sia nell'area dei positivi (tutti asintomatici al momento), che in quelle dei negativi. Per questo, ancor più dopo gli ultimi giorni difficili, la direzione ha imposto che all'interno della ex Serena tutti debbano indossare la mascherina, oltre a mantenere il distanziamento sociale, ogni qual volta si trovino a contatto con altre persone, sia ospiti che operatori.
DISSAPORI E POLEMICHE
Le problematiche legate alla convivenza dei numerosi ospiti non sono nuove all'interno dell'ex caserma. Fin dalla sua apertura nel 2015 con lo strascico di polemiche che ne seguirono, gli episodi di tensione sono stati diversi. Le tensioni non riguardano soltanto profughi provenienti da aree profondamente diverse, come accade ad esempio per gli africani e gli asiatici. Spesso i maggiori problemi insorgono tra comunità vicine eppure attraversate da fratture profonde, come fu per nordafricani e subsahariani piuttosto che fra nigeriani e gambiani. Un altro recente eperiodo caldo si è vissuto nel giugno scorso, quando gli ospiti sempre a causa del Coronavirus (vi fu una positività ndr) finirono in quarantena obbligatoria scatenando un'ondata di durissime polemiche dentro il complesso. Negli ultimi giorni poi, a fronte della scoperta del nuovo focolaio, una parte degli ospiti risultati negativi al tampone avevano chiesto a più riprese di essere trasferiti altrove. «Qui è troppo pericoloso, rischiamo di ammalarci tutti perché fino a ieri tutti quelli che oggi sono risultati contagiati vivevano con noi ogni minuto della giornata avevano spiegato. Non basta metterli in altre stanze, vogliamo andare via, andare in luoghi più sicuri e meno affollati per poter continuare a lavorare». La loro richiesta è al momento rimasta inesaudita, anche se i recenti fatti non hanno mancato di risvegliare numerose discussioni in merito alla permanenza dei migranti all'interno della struttura di Dosson nella quale, ad ogni modo, al momento è stato assicurato che non dovrebbero giungere altri richiedenti asilo, come pure si è tenuto a rassicurare circa il fatto che tutti gli ospiti attuali sono rimasti in Italia durante tutto il periodo dell'epidemia e dunque non possono essersi contagiati fuori dai confini nazionali.
Serena De Salvador
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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