L'appello: imprese sentinelle contro la mafia

Venerdì 18 Ottobre 2019
L'ALLARME
TREVISO «Gli imprenditori scelgano di essere sentinelle di legalità a difesa di un'economia sana e a prevenzione delle infiltrazioni mafiose nel nostro territorio». È l'appello di Cna Treviso ma anche la tesi condivisa da associazioni di categoria delle imprese e sindacato di fronte all'ennesimo caso che porta alla luce la metastasi criminale ai danni di imprese e imprenditori a nord est. «Non c'è scusante per chi ha scelto la scorciatoia dell'illegalità - spiega il presidente provinciale di Confartigianato Vendemmiano Sartor - vero è anche che il credit crunch ha amplificato gli effetti della recessione. In tempi di vacche grasse gli istituti di credito hanno accumulato debiti anche con erogazioni facili, penso alla valanga di mutui concessi negli anni successivi al boom, sull'assunto che tutto andava bene e che tutti avrebbero pagato. Ma regole più rigide e severe si devono fare proprio quando l'economia tira, non nel momento in cui servono azioni anticicliche. Aver chiuso la borsa quando invece serviva più flessibilità ha probabilmente favorito quei soggetti che, di fronte al bisogno di liquidità, si sono proposti come risolutori di problemi. Ma per gli imprenditori fare quel passo è un grave errore: in primo luogo esistono meccanismi che possono dare sostegno nelle fasi di crisi e anche aiutare con le banche, secondariamente prima di cadere vittima delle sirene di faccendieri in odore di mafia è meglio affrontare con coraggio le situazioni difficili, anche il fallimento, che non deve essere uno stigma sociale: nell'era della globalizzazione tutto è più difficile, dover arrivare al fine corsa della propria esperienza imprenditoriale ci sta e non è una colpa morale».
ACCESSO AL CREDITO
«È innegabile - dice il presidente di Cna Treviso Alfonso Lorenzetto - che la lunga crisi economica e le perduranti difficoltà nell'accedere al credito abbiano reso più fragile la nostra economia e più forte la tentazione per le imprese di usare canali non legali, specie quando le banche, da un giorno all'altro, chiedono il rientro dei fidi. È tuttavia una soluzione che non porta lontano: affossa le aziende che si lasciano tentare dall'illegalità e indebolisce tutto il sistema inoculando i germi mafiosi. Un territorio infiltrato dalla criminalità organizzata perde in competitività, in sicurezza lavorativa e sociale, in democrazia e partecipazione. Gli anticorpi a Treviso ci sono ma l'attenzione va tenuta alta».
NESSUNA SCORCIATOIA
«La scorciatoia dell'illegalità non è giustificata o giustificabile - sottolinea il segretario della Cgil provinciale Mauro Visentin - ma le infiltrazioni mafiose sono state anche rese possibili anche dal fatto che, con la crisi, è fallita una modalità di concepire l'economia e la società ed è fallito un sistema. L'imprenditore, prima come cittadino, deve ritrovare fiducia nelle istituzioni a cui vanno riconosciuti un valore e una forza morale. Ma d'altra parte, se vogliamo capire i fenomeni che ci troviamo di fronte e prevenirli, dobbiamo riconoscere che c'è stata un fase in cui si è vissuti nel mito del mercato funzionasse da solo anche durante la recessione. Invece è montata la paura, complice la stretta del credito. Sbagliando c'è chi ha percorso la strada della paura ma anche della sfiducia negli anticorpi. È così che nel tessuto economico si sono fatti strada i capitali di origine criminale, che poi si sono mangiati le imprese, così come l'usura, che oltre ad distruggere aziende ha anche distrutto vite». «La vera diga - conclude Visentin - è che c'è ancora la consapevolezza diffusa che l'illegalità non genera ricchezza e non produce lavoro. Partiamo da qui per fare da argine ad un fenomeno che, dal momento che i casi non sono più sporadici o isolati, appare preoccupante se non proprio spaventoso».
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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