LA RABBIA
BELLUNO Chi ha provocato l'incidente mortale di sua figlia, mentre

Martedì 7 Agosto 2018
LA RABBIA
BELLUNO Chi ha provocato l'incidente mortale di sua figlia, mentre guidava sotto l'effetto dell'alcol, è sparito. Tornato nella sua terra natale, il Brasile. E lui, il papà, si lascia andare allo sfogo. «Non sono un violento, ma neppure sono un tipo che passa sopra a tutto. Non ci sto al danno e alla beffa. Se sarà il caso mi incatenerò davanti al tribunale».
Roberto Durastante apprende con dolore dall'articolo del Gazzettino che Evandro Gonsalves Galhardo ha fatto i bagagli per lasciare Belluno, dove è sotto accusa per omicidio stradale rischiando una pena da 8 a 12 anni.
Era la sera del 19 dicembre scorso quando si schiantò contro un platano in via Vittorio Veneto, provocando la morte della passeggera Barbara Durastante, 42 anni. Aveva un tasso alcolico di 3 grammi per litro di sangue, condizioni che avrebbero previsto l'arresto immediato. Invece se n'è andato. Gabbando tutti.
LA RABBIA
Papà Roberto è affranto: «Non cerco vendetta, ma chiedo un minimo di giustizia». Ha alcune domande che gli frullano continuamente in testa: «Ma perchè nonostante l'alto tasso alcolico non si è provveduto almeno a bloccargli il passaporto? Perchè lo hanno lasciato andare? Quello che desidero è capire. Non so neppure a chi competesse procedere per evitare questa fuga. Sta di fatto che la mia impressione è che di questa ragazza non interessasse e non interessi niente a nessuno».
I RICORDI
Durastante passa al ricordo: «Barbara era il bastone della mia vecchiaia. Ora è in cimitero, insieme a mia moglie, Annamaria Clerici, una bellunese al cento per cento».
Roberto ha casa a Roma, oltre che a Belluno, in località al Fol. Passa dall'emozione alla rabbia. «Non esprimo appieno quello che ho dentro e quello che penso, perchè altrimenti sarei a rischio galera». Eppure alcune battute vanno giù dritte: «Belluno è la città più vivibile d'Italia, bella, pulita, sicura. Vi ho incontrato persone di buona volontà. Ma vi abitano anche lupi vestiti da agnelli. Non ho paura a dire che mi riferisco ai falsi buonisti».
LA VICENDA
Belluno, via Vittorio Veneto. Mancano pochi giorni al Natale quando la Fiat Uno, guidata da Galhardo, 39 anni, all'epoca operaio a Longarone, va a finire contro un platano. Sul sedile accanto c'è Barbara che, per il colpo subito, muore. Lui, invece, viene ricoverato in gravi condizioni. Il tasso alcolemico viene rilevato con le analisi del sangue. Il risultato arriva solo 24 ore dopo. Non scatta l'arresto immediato come era previsto e nemmeno successivamente verrà preso un provvedimento retrittivo, magari motivandolo proprio col pericolo di fuga.
LE INDAGINI
Durastante è preso dal ricordo. Torna a quel giorno di dicembre: «Sono venuti due carabinieri, due padri di famiglia. Sono stati tanto carucci, mi hanno assistito. Quasi non sapevano da che parte cominciare per dirmi che mia figlia era morta, ma lo avevo già capito». Poi l'aggiunta: «Non credo che siano i carabinieri i responsabili della fuga in Brasile di Galhardo». Il tormento è grande, così come il desiderio di sapere: «Il pubblico ministero non mi ha mai convocato. Eppure credo che la mia pena avrebbe tregua se chi segue il caso mi chiamasse in Procura per spiegarmi bene il motivo per cui non gli hanno dato nemmeno gli arresti domiciliari e lo hanno lasciato andare via».
DONAZIONE DELLE CORNEE
«Non sapevo che Barbara avesse dato disposizione per donare gli occhi». Papà Roberto è quasi commosso. Dispiaciuto, peraltro, per non poter sapere chi è la persona che, grazie agli occhi della figlia, ora può vedere. «Avevo lanciato un appello attraverso i media, anche nazionali, per poter incontrare chi ha ricevuto il suoi occhi, ma nessuno si è fatto vivo. Peccato, è un ulteriore dispiacere».
Daniela De Donà
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