«In questa doppia transizione, verde e digitale, l’istruzione e le competenze saranno fondamentali.
Oltre ad interventi sistemici la scuola necessita anche di interventi strutturali: dalla messa in sicurezza e adeguamento alle nuove esigenze formative delle strutture esistenti, alla realizzazione di nuove, a partire dagli asili nido, fino alla digitalizzazione e alla dotazione di tutte le tecnologie necessarie per avvalersi delle innovazioni in termini di formazione e sperimentazione di nuovi modelli d’insegnamento. Priorità queste già individuate in diversi studi elaborati, approfondite in particolare nel documento della Task Force di Vittorio Colao, e in parte presenti nelle linee guida del Piano nazionale per la ripresa.
Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 16:49
© RIPRODUZIONE RISERVATA Anche i nostri sistemi d’istruzione e la ricerca devono adattarsi ai tempi nuovi»: aveva ammonito Ursula von der Leyen durante gli Stati Generali organizzati dal governo in giugno. E nel piano “Progettiamo il Rilancio” presentato dall’esecutivo nella medesima occasione si prevedeva proprio l’accrescimento delle competenze digitali e ambientali. Di là delle evoluzioni tecnologiche, infatti, il sistema dell’istruzione e della formazione presenta in Italia problemi strutturali irrisolti che pongono un freno oggettivo alla crescita economica e indeboliscono la risposta del Paese in tempo di crisi. I dati Istat riferiti all’anno 2019 disegnano un quadro nazionale in netto svantaggio competitivo a livello europeo. Solo il 62,2% tra i 25 e i 64 anni in Italia ha almeno il diploma, contro il 78,7% della media Ue.
Il quadro
E le disparità permangono anche all’interno del territorio nazionale, con il Sud che registra una quota di diplomati del 54% contro il 65,7% del Nord. Per quanto riguarda l’istruzione universitaria abbiamo già fallito gli obiettivi di innalzamento della quota di 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario, fissati dalla strategia Europa 2020 per una “Società della Conoscenza”: nel 2019 in Italia, come rilevato sempre dall’Istat, la quota di giovani laureati non è cresciuta e nel confronto europeo scende in penultima posizione. Nel complesso è solo il 19,6% della popolazione ad avere un titolo di studio universitario, contro il 33,2% della media europea. E il quadro non migliora se si analizzano le digital skills: secondo il Desi 2020 solo il 42% delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 58% della media Ue e il 70% della Germania. Dati questi che collocano l’Italia all’ultimo posto in Europa e che evidenziano il mismatch fra la domanda e l’offerta di competenze, in un sistema economico che spinge sempre di più verso la digitalizzazione dei processi.Gli obiettivi
Nelle linee guida per la definizione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) elaborate dal Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (CIAE), l’istruzione e la formazione fanno capolino fra i cluster di intervento, le cosiddette Missioni. Il programma punterà a migliorare gli output educativi, a ridurre l’incidenza dell’abbandono precoce e ad aumentare la spesa per la ricerca agendo sulla didattica e sulle infrastrutture scolastiche e universitarie. Se i capitoli di spesa sono già enunciati, come si intenda concretamente raggiungere i risultati prefissati ancora non è stato definito. Sarebbe banale ricordare che gli studenti di oggi sono il capitale umano di domani e dunque l’obiettivo primario a cui tendere dovrebbe essere quello di una complessiva integrazione fra sistema dell’istruzione e mondo del lavoro colmando il gap di competenze, garantendo l’aggiornamento formativo dei non occupati e rafforzando la collaborazione fra università e imprese per la ricerca applicata.Le specialità
Dovrebbero essere elaborati programmi specifici per le competenze digitali, ovvero digital skills, soft skills, lingue straniere e materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) per venire incontro alle esigenze del sistema produttivo, innovando i metodi di insegnamento e soprattutto riqualificando il corpo docente, attraverso formazione e valorizzazione della professione. Si dovrebbe inoltre tendere ad una maggiore sincronia dei tempi familiari, anche al fine di agevolare l’occupazione femminile, garantendo l’accesso ad asili nido e tempo pieno e rimodulando i calendari scolastici per tutto il ciclo della scuola dell’obbligo, adeguandoli all’attività lavorativa e consentendo anche una maggiore continuità nell’apprendimento.Oltre ad interventi sistemici la scuola necessita anche di interventi strutturali: dalla messa in sicurezza e adeguamento alle nuove esigenze formative delle strutture esistenti, alla realizzazione di nuove, a partire dagli asili nido, fino alla digitalizzazione e alla dotazione di tutte le tecnologie necessarie per avvalersi delle innovazioni in termini di formazione e sperimentazione di nuovi modelli d’insegnamento. Priorità queste già individuate in diversi studi elaborati, approfondite in particolare nel documento della Task Force di Vittorio Colao, e in parte presenti nelle linee guida del Piano nazionale per la ripresa.