Il giardino segreto della Giudecca, rifugio di scrittori e artisti come Henry James e Jean Cocteau

Martedì 27 Giugno 2023 di Alessandro Marzo Magno
Il giardino segreto della Giudecca

«Giungeva nel rio della Croce.

La verdura traboccava da una muraglia rossa. La gondola s'arrestò a una porta chiusa. Ella sbarcò, cercò una piccola chiave, aprì, entrò nell'orto. Era il suo rifugio, il segreto luogo della sua solitudine, serbato dalla fedeltà delle sue malinconie come da custodi taciturne. Tutte le vennero incontro, le antiche e le nuove; l'accerchiarono, l'accompagnarono. Con le sue lunghe pergole, con i suoi cipressi, con i suoi alberi di frutti, con le due siepi di spigo, con i suoi oleandri, con i suoi garofani, con i suoi rosai, porpora e croco, meravigliosamente dolce e stanco nei colori della sua dissoluzione, l'orto pareva perduto nell'estrema laguna, in un'isola obliata dagli uomini. Il sole lo abbracciava e lo penetrava in ogni parte, così che le ombre per la loro tenuità non vi parevano. Tanta era la quiete nell'aria che i pampini secchi non si distaccavano dai tralci. Nessuna foglia cadeva, sebben tutte morissero».


IL LUOGO
Il giardino nel quale Gabriele D'Annunzio fa incontrare il protagonisti del suo romanzo veneziano "Il fuoco", Foscarina e Stelio, è con ogni probabilità il giardino Eden alla Giudecca. Il Vate non lo nomina esplicitamente, ma si sa che lo frequentava. Per esempio, spiega Stefania Bertelli, storica e autrice del libro "Le ville Hériot alla Giudecca" (Cafoscarina), quando nel 1937 D'Annunzio arriva sull'isola per l'inaugurazione di una stele commemorativa della beffa di Buccari, che da lì era partita, dice che andrà a visitare il giardino. Peccato che non lo si possa più fare: per lascito testamentario del suo ultimo proprietario, l'architetto viennese Friedensreich Hundertwasser, morto nel 2000 in Australia, il giardino rimane chiuso, non accessibile la vegetazione è lasciata inselvatichire, in modo che il giardino assuma un aspetto sempre più "naturale". Lo spazio verde faceva parte di un antico palazzo nobiliare, risalente ai tempi in cui la Giudecca era residenza di illustri famiglie patrizie veneziane. Nel 1884 un inglese, Frederick Eden, acquista quella che al tempo era divenuta una carciofaia e comincia a trasformarla. Eden, prozio del futuro primo ministro britannico Anthony Eden, aveva problemi di deambulazione e quindi gli serviva uno spazio piatto dove poter stare. Si mette al lavoro con la moglie Caroline Jekyll: una sua sorella ispira a Robert Stevenson il personaggio di Henry Jekyll (il romanzo "Strange case of Dr Jekyll and Mr Hyde", destinato a diventare un best seller, esce due anni dopo, nel 1886), mentre un'altra sorella, Gertrude, è una delle più celebri e ascoltate progettiste di giardini della Gran Bretagna (collabora alla realizzazione di oltre 350 giardini).


IL LIBRO
Il tutto viene poi descritto da Eden in un libro "Un giardino a Venezia" recentemente ristampato a cura di Francesco Soletti da Edizioni L'Erta. L'inglese spiega che lui e la moglie andavano ogni giorno alla Giudecca in gondola dalla loro casa veneziana per prendersi cura del giardino. Erano partiti da zero, dal rivoltare e concimare il terreno, avevano pergole di rametti di salice ricoperte di rose rampicanti, al di sotto avevano piantato gigli. Alberi di cipresso fiancheggiavano vialetti di gusci di conchiglie, i pini delimitavano prati ben curati dove gli ospiti si rilassavano all'ombra delle magnolie. Il tutto era contrassegnato dal colore: il giallo dei pitosfori, l'azzurro degli iris, il violetto dei lillà, il bianco dei gelsomini che mescolavano il loro profumo a quello del caprifoglio. Erano state sistemate due arnie di api liguri per ottenere il miele e un giorno Eden aveva fatto avvicinare una barca che trasportava una mucca e acquistato l'animale per avviare una piccola produzione di formaggio. La coppia di inglesi era aiutata da alcuni contadini friulani assunti come stagionali. A un certo punto cominciano lavori per imbonire una sacca antistante il giardino, la vista ne sarebbe uscita compromessa e così Eden acquista la sacca, la fa imbonire, e allarga il giardino. «È delizioso raccogliere le proprie fragole e assieme tagliare rametti di rose», commenta.


NELLA CULTURA
Ci passano scrittori e artisti di tutto il mondo, Henry James, per esempio; sembra probabile che il «giardino in mezzo al mare» che compare nel suo "Il carteggio Aspern" (1888) sia ispirato all'orto di Eden. Il francese Jean Cocteau lo utilizza per ambientare la sua poesia "Souvenir d'un soir d'automne ai jardin Eaden" (1909). Ci vanno anche Marcel Proust, Robert Browning, Isadora Duncan, Eleonora Duse, John Singer Sargent, Claude Monet, Rainer Maria Rilke e Gertrude Stein. Frederick Eden muore nel 1916 e la vedova nel 1927, un anno prima di morire, vende il Giardino di Eden, come veniva chiamato, alla principessa Aspasia, vedova di Alessandro di Grecia: ne era la moglie morganatica e quindi all'indomani della morte del sovrano non poteva rimanere ad Atene. La figlia, Alessandra, sposa re Pietro di Jugoslavia, nonché capo del governo in esilio che ha sede a Londra. Durante la seconda guerra mondiale deve andarsene, ma in seguito torna e fa restaurare la villa e il giardino che erano stati utilizzati come comandi militari. Nel 1979 avviene la vendita a Hundertwasser che ha tutt'altre idee rispetto al fondatore. Secondo l'artista austriaco le linee rette sono «empie e immorali» e riguardo alla vegetazione pensa che «l'intrico del sottobosco è un vero ricamo». Per questo motivo, come detto, lascia che la vegetazione cresca senza controllo e stabilisce che così continui anche dopo la sua morte.


Per la verità qualche controllo c'è, perché i rami delle piante che potrebbero danneggiare le abitazioni vicine vengono, seppur con parsimonia, tagliati. Il maltempo del luglio 2019, con raffiche a oltre 100 chilometri orari, ha abbattuto parte del muro di cinta, rendendo così visibile il giardino altrimenti celato. Di recente è stato ricostruito e il giardino è di nuovo nascosto. Stefania Bertelli spiega che quella è un'area molto particolare della Giudecca. Di fronte al giardino c'era l'ospedale inglese di Lady Layard. L'area è stata acquistata dieci anni fa da un tedesco e da nove anni è in restauro. Un'altra zona, un tempo di una pittrice inglese, ora appartiene alla famiglia Volpi di Misurata, ma il proprietario vive all'estero e ci viene soltanto molto di rado. E poi vi si trova pure l'ex chiesa della Croce, che un tempo faceva parte del complesso carcerario. I detenuti non ci sono più da tempo, ma il muro di cinta continua a essere sovrastato da filo spinato e torrette di sorveglianza.
«Giudecca nostra abandonada», cantava Alberto D'Amico e, seppur con altro significato, il concetto si adatta perfettamente anche a quest'area.

Ultimo aggiornamento: 28 Giugno, 10:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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