Coronavirus e indice Rt troppo alto: Veneto a rischio arancione dal 7 gennaio

Martedì 29 Dicembre 2020 di Francesco Malfetano
Coronavirus e indice Rt troppo alto: Veneto a rischio arancione dal 7 gennaio
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«Dopo una lunga notte si rivede l'alba, ma il mattino è ancora lontano». Così, un po' prosaicamente, pochi giorni fa il ministro della Salute Roberto Speranza si è riferito al gennaio in arrivo per intendere che la lotta contro il Covid è tutt'altro che alla fine. Per sua stessa ammissione infatti, dal 7 gennaio la Penisola tornerà «al sistema delle aree colorate». Vale a dire che tra 10 giorni le Regioni italiane dovranno rifare i conti con le differenti restrizioni previste per aree gialle, arancioni e rosse. In pratica, la battaglia riprenderà da dove l'avevamo lasciata il 23 dicembre, con l'entrata in vigore delle misure natalizie. Con alcune differenze però. 
Prima delle feste infatti, il Paese si accingeva a diventare giallo per intero ma ora, in attesa ovviamente di dati aggiornati che tengano conto di quel po' di lassismo portato proprio dei festeggiamenti e con l'Rt nazionale in lenta risalita, alcune Regioni rischiano di retrocedere ad arancioni.

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Veneto rischio arancione

L'Istituto Superiore di Sanità (Iss) infatti, nel suo ultimo report (quello relativo alla settimana tra il 14 e il 20 dicembre) ha evidenziato come ben nove Regioni siano da considerarsi a rischio moderato o alto. In particolare, 5 di queste (Liguria, Marche, Puglia, Umbria e Veneto) sono classificate a rischio alto e 12 a rischio moderato, di cui quattro (Emilia-Romagna, Molise, Provincia Autonoma di Trento e Valle d'Aosta) ad elevata probabilità di progredire a rischio alto nel prossimo mese nel caso si mantenga invariata l'attuale trasmissibilità.

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Rt veneto

In pratica nei territori in questione l'indice Rt è troppo alto.

Se nel nuovo monitoraggio dell'Iss, quello di questo fine settimana, dovesse essere ancora così e se la resilienza dei sistemi sanitari risultasse essere messa ancora a dura prova come sembra, queste Regioni rischiano seriamente il declassamento in area arancione. 



Veneto, quanti tamponi fa?

Posto che l'Rt nazionale è attestato attorno allo 0,90 (sempre nel periodo preso a riferimento dall'Iss) mentre la scorsa settimana era a 0,86 e quindici giorni fa a 0,82, ci sono territori che preoccupano più di altri. Il Veneto, con l'ultimo Rt a 1,11, è il maggiore indiziato al declassamento. Non solo perché indicato dall'Istituto Superiore di Sanità come uno dei 5 territori ad alto rischio per il suo indice di trasmissibilità, ma anche per il boom di vittime e ricoveri in terapia intensiva. Dati questi ultimi che prescindono dalla polemica sul rapporto tamponi-casi positivi, determinato anche da mancato calcolo dei test rapidi. Che la sanità veneta sia stata messa sotto pressione in questa seconda ondata è di tutta evidenza. Come testimoniano i quasi tremila nuovi contagi registrati anche ieri. Più di chiunque altro nella Penisola. Ma, se è vero che il trend continua ormai da settimane e non può essere ignorato, lo è pure - come sostiene il governatore Luca Zaia - il totale di tamponi più alto degli altri: il bollettino sull'epidemia pubblicato ieri, attesta come il Veneto realizzi anche un numero di test molecolari crescenti rispetto a tutte le altre Regioni (circa 10mila in più delle 24 ore precedenti, ai quali si somma un numero di gran lunga maggiore di test rapidi). 


I dati

Comunque la decisione sarà presa all'inizio della prossima settimana. Intanto, il bollettino diffuso dal ministero della Salute ha evidenziato a livello nazionale una leggera flessione dei casi ma solo a fronte di un basso numero di tamponi. Ieri infatti i nuovi positivi sono stati 8.585 con 68.681 tamponi effettuati (contro i 59.879 di domenica). Aumentano invece i morti (445, per un totale di 72.370 decessi da inizio pandemia) e i ricoveri (+361, rispetto ai 259 di domenica). Al contrario, dopo il picco del 14,9% delle 24 ore precedenti, cala fortunatamente il tasso di positività (che torna sul 12,5%). Restano invece sostanzialmente stabili gli ingressi in terapia intensiva, con un incoraggiante meno 15 a cui fa da contraltare il caso della Puglia. Sui 167 nuovi ingressi infatti, ben 57 sono stati registrati nella Regione che è mai riuscita a riportare il livello di ricoveri entro le soglie di sicurezza fissate dal ministero: il 30% dei posti di terapia intensiva e il 40% di quelli di area medica. Un dato che sommato ad una cronica sofferenza registrata anche nel tracciamento dei contagi e alle valutazioni dell'Iss, rende la Puglia la seconda principale indiziata per un immediato rientro in zona arancione dopo il 7 gennaio.

Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 23:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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