Lavoro. «Elettricisti ed idraulici in estinzione». I trent'anni della Tecnofon di Campalto, 50 dipendenti e 5 milioni di fatturato

Lunedì 8 Aprile 2024 di Edoardo Pittalis
Tecnofon

"L'idraulico non verrà", avvertiva il titolo di un vecchio libro di Fruttero&Lucentini. Quell'idraulico non tornerà più. E sparirà dalle barzellette e anche da certi spot televisivi; se Rocco Siffredi voleva riciclarsi come idraulico, dovrà inventarsi un'altra occupazione. Tutto cambiato, oggi non arriva con la tuta e la borsa degli attrezzi, ma con un computer e interroga la casa tecnologica dove tutto si apre e funziona toccando il cellulare. «Il mio idraulico non deve sapere solo di tubazioni, ma soprattutto come gestirle. E tra poco ce la vedremo anche con l'Intelligenza Artificiale», dice Daniele Brichese, 62 anni, mestrino nato a San Stino di Livenza che, in società con Giorgio Masiero, ha un'azienda impianti termoidraulici e impianti elettrici, dal videocontrollo all'automazione.

Tre figli, il terzo adottato: Matteo è ingegnere informatico e vive negli Usa; Patrizia revisore dei conti internazionale e vive ad Amburgo; Gregorio, «che è il mio braccio destro». «Quando ho iniziato dicevano che per fare l'elettricista bastavano una borsa e due cacciavite.

Allora in una casa non c'erano molte prese e gli elettrodomestici erano pochi. A casa mia c'era il televisore, la lavatrice è arrivata chissà quando. Oggi hai due di tutto. Ogni abitazione ha un impianto che va ridimensionato in maniera diversa».

La "Tecnofon" di Campalto, sulla strada per l'aeroporto di Venezia, tra pochi giorni compirà 30 anni. Lo stabilimento è nuovo perché c'era bisogno di più spazio per decine di mezzi che ogni giorno vanno e vengono. Cinquanta dipendenti, 5 milioni di euro di fatturato. «Appalti pubblici e uno storico di oltre settemila clienti, almeno 300 clienti nuovi all'anno, uno al giorno!».


Daniele Brichese è il figlio di contadini del Livenza arrivati negli anni del miracolo economico a lavorare nel Petrolchimico di Porto Marghera


Come vi siete trasferiti alle porte di Mestre?
«Per lavoro mio padre Umberto e mamma Marcellina nel febbraio 1963 sono venuti a Campalto dopo aver abbandonato i campi tra Caorle e la Salute di Livenza, erano sabbia e non c'era ancora stato il boom del turismo. "Eri ricco e hai lasciato lì la ricchezza", gli dicevo scherzando. Era alla Sirma dove si è ammalato di silicosi tanto da essere costretto ad andare in pensione in anticipo. Ho due sorelle, ero il più piccolo, il più coccolato e anche l'unico che ha avuto la possibilità di studiare. Mi hanno raccontato che quando siamo arrivati era una giornata fredda, mezzo metro di neve. Una casa in mezzo alla campagna di Campalto, la chiamavano zona Casonetto dal nome di una trattoria, oggi è zona Anni Azzurri dal nome della casa di riposo».


Come è diventato idraulico?
«Finite le medie sono andato a lavorare, serviva una mano in famiglia. Ho fatto "el bocia" a Venezia, portavo la borsa degli attrezzi e seguivo l'idraulico per imparare il mestiere. Poi ho detto che volevo studiare e i miei hanno fatto sacrifici per mandarmi a scuola: le professionali a Marghera e il Pacinotti a Mestre per il diploma di perito elettromeccanico. Concluso il servizio militare in Aeronautica nei primi anni Ottanta con un collega ci siamo messi in proprio come elettricisti, uno dei primi dipendenti era Giorgio Masiero, l'attuale socio. Abbiamo incominciato a prendere lavori in giro per l'Italia, ma avevo famiglia, volevo avvicinarmi e abbiamo cercato di creare una rete nel Veneziano. Sono stati anni duri, ho vissuto periodi in cui se non c'erano i genitori non avevo i soldi per i pannolini dei figli».


Trent'anni fa sono cambiate le cose?
«Giusto nel 1994 è cambiata la mentalità, sono state introdotte nuove normative e noi avevamo più esperienza. Così abbiamo fatto il passo lungo ed è nata Tecnofon: un'azienda con qualche ambizione e con qualche operaio che c'è ancora, dopo trent'anni. Adesso facciamo lavori pubblici, con tutte le certificazioni. Abbiamo vinto una serie di gare: col Comune di Venezia per il parcheggio di viale Ancona con fotovoltaico e colonnine per le auto elettriche; cambiamo le lampade nelle scuole della Città Metropolitana per limitare il consumo; lavoriamo con Venice, portiamo le fibre ottiche nelle scuole per favorire l'innovazione. Lavoriamo al Lido di Venezia sui Bagni delle spiagge. La Veritas è un nostro importante cliente per la manutenzione delle cabine e gli impianti termoidraulici. Garantiamo la manutenzione completa di tutti gli impianti al Casinò di Venezia sul Canal Grande, con personale fisso».


Il lavoro più impegnativo?
«Gli impianti di condizionamento al Casinò nella sede di Ca' Noghera, in terraferma. Seguiamo lavori di grosso impegno economico, ma facciamo pure la manutenzione della caldaia da 80 euro, anche se talvolta dobbiamo rinunciare per mancanza di personale. Non si trovano giovani che vogliano intraprendere questo tipo di attività. Eppure collaboriamo con tutte le scuole della zona, facciamo stage in continuazione ed è l'unico modo per insegnare un po' il mestiere ai ragazzi e individuare il personale da assumere. La maggior parte dei nostri nuovi assunti viene dagli stage. Ho insegnato materie tecniche in una scuola professionale proprio per mostrare quelle cose che in una scuola non si possono fare: ma ormai le classi erano ridotte a otto, nove alunni; fino a qualche anno fa quelle stesse scuole sfornavano tecnici a profusione».


È così difficile affrontare il problema del personale?
«Solo nella zona di Venezia siamo 1400 aziende di impianti, manca il personale perfino per rimpiazzare chi va in pensione. Non c'è più una cultura del mestiere, sembra quasi che fare l'idraulico o l'elettricista siano una diminuzione. Manca fisicamente il numero, il calo demografico incide parecchio».

Una decina di miei dipendenti sono stranieri, solo di nome perché ormai sono italiani a tutti gli effetti. E per fortuna ci sono, altrimenti sarebbe un disastro

«Bisogna riaprire, lo chiedono le esigenze del mondo del lavoro, lo chiede il mercato che senza produzione chiuderebbe. Occorre gente sempre più preparata: il futuro della casa sarà in funzione del controllo dei consumi e della tipologia di quei consumi, sempre più fotovoltaico e pannelli, sempre più tutto quello che aiuta nel risparmio energetico».


Cosa vuol dire per un'azienda compiere 30 anni?
«È un traguardo, vuol dire che è un'azienda solida, che hai investito bene in uomini e in macchine. Sai di dare un lavoro e devi dare il giusto a chi lavora il giusto. Sono riuscito a costruire qualcosa che ha una storia, ma ha anche un futuro. Qui siamo integrati con la realtà che ci circonda, viviamo in una comunità alla quale contribuiamo: dalla squadra di pallacanestro al Carnevale di Campalto con la sfilata dei carri».


Come è cambiato il mestiere di idraulico?
«Da più di dieci anni sono in un ufficio, gestisco carte e persone, ma il mio vecchio lavoro di tecnico non c'è più. L'evoluzione è stata enorme, sono cambiati i materiali, le tecnologie sono avanzate, la qualità del lavoro è migliorata. La parte fisica è cambiata: più leggera, più tecnica, più specializzata, più pulita anche se sporcarsi di lavoro non è mai sporcarsi. Vanno molto il fotovoltaico e la pompa di calore, anche il riscaldamento a pavimento».

Si va verso la casa che si gestisce dal telefono, la domotica serve per risparmiare su riscaldamento e energia

 «Soprattutto ha un senso per scuole, uffici pubblici e privati, per le industrie: permette di ottimizzare i consumi che sono oggi i costi più alti per un ambiente. Ci capita di entrare in scuole dove ci sono 22 gradi e devono aprire le finestre per il troppo caldo, dove ci sono luci accese dalle 8 della mattina alle 8 di sera».

Ultimo aggiornamento: 9 Aprile, 09:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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