Da San Beneto al Caffè Pedrocchi: il genio di Giuseppe Jappelli, molto più di un semplice architetto

Lunedì 14 Agosto 2023 di Alberto Toso Fei
Giuseppe Jappelli, nel ritratto di Matteo Bergamelli

VENEZIA -  Attivo soprattutto a Padova e nel padovano, e definirlo solamente architetto è veramente riduttivo: perché Giuseppe Jappelli, oltre a essere stato uno dei massimi esponenti dello stile neoclassico in Veneto, fu anche ingegnere, agrimensore - specialmente per la regolazione delle acque del Piave - e paesaggista, attraverso la progettazione di diversi giardini romantici e massonici. E se è infatti indubbia la sua appartenenza alla congrega del "Liberi muratori", sublimata nella progettazione e realizzazione del Caffè Pedrocchi, la sua opera più conosciuta, pochi sanno che Jappelli nacque e morì a Venezia, dove riposa sepolto nell'isola di San Michele.

Giuseppe Jappelli nacque dunque in laguna il 14 maggio 1783, ultimo dei nove figli di Domenico e di Elisabetta Biondi. Il padre, bolognese, fu chiamato a Venezia come segretario del priorato dell'ordine di Malta, e tra le mura del quartier generale dei Gerosolimitani, a Castello, Jappelli assistette quattordicenne alla caduta della Serenissima, dopo aver vissuto sotto il governo dei due ultimi dogi. L'anno successivo, dopo la morte del padre, si iscrisse all'Accademia Clementina di Bologna dove studiò architettura e figura; tornato a Venezia, frequentò a Padova il cartografo Giovanni Valle, contribuendo alla famosa pianta di Padova del Valle, e si occupò di alcuni lavori di regolazione delle acque del Piave, poco prima di entrare nel corpo del dipartimento del Brenta e dell'Alto Po.



Istituito dalle autorità francesi, e di arruolarsi nell'esercito napoleonico al seguito di Eugenio di Beauharnais - nel 1809 - congedandosi quattro anni dopo con il grado di capitano.
Nel frattempo divenne massone, e dopo il suo rientro a Padova, nel 1815, entrò a far parte della Loggia "La Pace". In città progettò una sontuosa scenografia a Palazzo della Ragione in occasione della visita in città dell'imperatore Francesco I d'Austria, e iniziò a realizzare trasformazioni importanti in parchi e giardini dei dintorni. Il più celebre - la cui realizzazione richiese anni - fu il grande parco di Saonara commissionatogli da Antonio Vigodarzere per villa Valmarana; ma oltre che a diversi altri giardini del padovano, Jappelli lavorò nel trevigiano, nel vicentino, nel bellunese, nel veneziano (per il parco di villa Soranzo Conestabile, per la quale lavorò inoltre a un ampliamento), arrivando fino a Varese e all'ampliamento del parco di villa Torlonia a Roma, dove progettò anche la Casina delle Civette.
Nel 1817 sposò Eloisa Pietrobelli da cui ebbe una sola figlia, Luigia, morta a 3 anni di morbillo. In quello stesso anno fu nominato ingegnere provinciale a Padova dove ricevette importanti incarichi pubblici, tra cui quello per la progettazione delle carceri (che dovevano essere costruite nell'attuale via Morgagni), di una nuova sede dell'Università, del Cimitero Maggiore e del pubblico macello. Ma solo una minima parte di questi e di altri progetti fu realizzata.
Nel 1826 Giuseppe Jappelli ricevette da Antonio Pedrocchi l'incarico per la realizzazione del celebre Caffè, sublimazione dei suoi saperi architettonici e delle sue convinzioni massoniche, con le sale di ingresso etrusca, greca e romana. Il caffè era illuminato a gas anche durante la notte e conserva ancora al piano terra la sala verde dove gli studenti possono ancora oggi sedersi senza pagare, avere un bicchiere d'acqua e leggere i quotidiani. Il caffè fu poi donato dal figlio adottivo di Pedrocchi al Comune di Padova.
Tra gli ultimi lavori di Jappelli sono da ricordare la ristrutturazione del Teatro Nuovo (oggi Teatro Verdi) a Padova; trasferitosi nella natia Venezia nel 1847 per la ristrutturazione del teatro San Beneto, seguì successivamente l'ambiziosa progettazione (mai portata a termine) di un porto commerciale da realizzare sul modello dei docks di Londra, che Jappelli aveva avuto modo di visitare qualche anno prima. Convinto sostenitore dei mezzi moderni, pensava di portare fino a Rialto la ferrovia, allora appena costruita. Morì a Venezia l'8 maggio 1852, pochi giorni prima del suo sessantanovesimo compleanno. È sepolto nel cimitero veneziano di San Michele.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci