Il saluto di Poggi dopo una vita nel calcio veneziano: «Rispetto e sincerità venuti meno»

Ha rifiutato il contratto di direttore tecnico: «L'ho fatto per amicizia, sbagliato mandare via il ds Mattia Collauto. Noi due eravamo una garanzia...». «Torno ai bambini della scuola calcio al Nettuno Lido»

Venerdì 17 Giugno 2022 di Marco Bampa
Paolo Poggi, ex direttore sportivo del Venezia
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VENEZIA - Tiene bassi i toni della voce, smussa gli angoli con le parole, smorza il sorriso. C'è solo una cosa che Paolo Poggi, 52 anni, ormai ex direttore tecnico del Venezia, non riesce a nascondere: gli occhi lucidi e un grande dispiacere. Dentro. Chiama a raccolta i giornalisti per spiegare il perché delle sue dimissioni non per polemizzare, «né per contrappormi a qualcuno» si affretta a premettere, prima di raccontare cosa l'ha spinto a mettere la parola fine ad un'avventura durata una vita: i primi calci ad un pallone nella pineta di Sant'Elena, una carriera da giocatore aperta e chiusa con la maglia del Venezia, una seconda vita da dirigente in laguna durata 6 anni. Tutto finito.
Per varie ragioni, racconta ora. A cominciare dalla mancata riconferma come direttore sportivo di Mattia Collauto, amico fraterno prima ancora che compagno di avventure in arancioneroverde. «E' uno dei motivi più importanti, ma non l'unico - dice Poggi -. Penso abbia fatto un buon lavoro in due anni da ds e sette da responsabile del settore giovanile. Avevamo iniziato questa avventura assieme, sono molto legato a lui e ho scelto l'amicizia, la fratellanza, piuttosto che il lavoro. Sono un bacchettone, ho principi che non riesco a tradire, ma sono fatto così».

Ma c'è anche dell'altro nel suo addio, che invano Niederauer ha cercato di evitare offrendogli il rinnovo del contratto: «E' stata una mia sensazione: quando non ci si sente più adatti in un posto è giusto lasciare spazio a chi invece si sente in linea, rende sicuramente di più. Non sentivo più rispettati i valori della società che conoscevo, i miei e quelli del club non correvano più paralleli. E non mi pareva giusto proseguire, nel rispetto della società e della gente, ma soprattutto di me stesso. E per valori intendo rispetto e sincerità, che sono venute meno. Non sempre, ma per me basta una volta. Qualche volta si può perdonare, e l'ho fatto, ma poi basta. Qui non si tratta di giudicare la mia professione, ma mettere in discussione la mia persona: e questo non posso assolutamente accettarlo».
Anche a costo di lasciare un posto che per nulla al mondo avrebbe voluto abbandonare.

Dove è stato tra i pochi a metterci la faccia, quando le cose hanno cominciato a non funzionare.

«Mi sono preso la responsabilità che dovevo, assieme a Mattia, in un comunicato a difesa di Menta, usando appunto la parola responsabilità: ma l'abbiamo usata solo noi Sono contento di averlo fatto con Mattia, se pensi di avere sbagliato è giusto ammettere gli errori. Lasciare non è stata una scelta facile, da uno a dieci mi dispiace cento. Qui al Taliercio ho pitturato le tribune, ho seminato il campo, ho buttato la segatura perchè l'erba non ghiacciasse d'inverno. Ma per il bene della società qualche volta bisogna fare un passo indietro, anche se sono e resterò sempre un tifoso del Venezia».

E pazienza se adesso il futuro, senza la bandiera sua e di Collauto a sventolare in viale Ancona, più che una scommessa sembra un azzardo. «Non è detto che chi arriva non sia migliore - tranquillizza Poggi -, non si può giudicare senza prima vedere i fatti. Noi eravamo una specie di garanzia, ma non è detto che fossimo per forza i migliori nei nostri ruoli, anzi. Abbiamo trasmesso tutta la nostra passione, questo sì».
Perché essere o meno veneziani, conoscere o meno la città, fa tutta la differenza del mondo, anche se qualcuno all'interno del club stenta a capirlo: «Essere veneziani è un valore aggiunto. Questa non è una società come le altre, non c'è niente da fare. Ci sono i top club, i medi, i piccoli e poi c'è il Venezia. Qui è tutto diverso. Il Venezia Fc rappresenta una città che non può essere come le altre. Se non ti fai completamente coinvolgere, non la puoi capire: devi comprenderne i ritmi, la mentalità. Ha 1600 anni di storia ed è sempre stata una città internazionale, non lo è diventata ora. O hai dentro queste cose, oppure la tradisci. E Venezia non puoi tradirla, sta troppo sopra a tutti noi».
In fondo è per questo che Poggi lascia: per non tradire Venezia. Scegliendo di riprendere le redini della scuola calcio al Nettuno Lido: «Tornerò ad occuparmi dei bambini: loro sì che danno molta soddisfazione».

Ultimo aggiornamento: 10:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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