VENEZIA - Quella che sembrava la soluzione per salvaguardare dai pignoramenti il patrimonio del Consorzio Venezia Nuova è sfumata ieri: la sezione fallimentare del Tribunale di Venezia ha respinto l'istanza presentata dal Cvn per la ristrutturazione del debito, che ammonterebbe a circa 200 milioni.
IL COMMISSARIO
Il commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova, Massimo Miani, sostiene che «l'opposizione di alcuni creditori al procedimento ha precluso la possibilità per il Consorzio di fruire della moratoria delle azioni esecutive e cautelari e di proseguire le trattative in corso per la ristrutturazione dell'ingente debito accumulato dalle precedenti gestioni» e aggiunge di voler continuare la ricerca di un accordo, con una ulteriore revisione della proposta di soddisfacimento «fra il 70% e l'80%». La camera di Consiglio del Tribunale, composta dalla presidente Daniela Bruni, dalla giudice relatore Martina Gasparini e dal giudice Silvia Bianchi, ha mosso delle osservazioni molto precise e severe ai ricorrenti, che avevano chiesto di bloccare le procedure esecutive in quanto erano in atto delle trattative che avrebbero portato a un accordo per il 60 per cento dell'ammontare del debito e della maggioranza dei creditori.
LE TRATTATIVE
I giudici hanno rilevato una contraddizione: da un lato «il Commissario liquidatore ha attestato che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti e risulta depositata una pre-attestazione redatta da due professionisti, i commercialisti Chiara Boldrin e Riccardo Bonivento, che hanno preso atto della pendenza di trattative con tutti i creditori e dell'assenza di creditori dichiaratisi indisponibili alle trattative». Dall'altro «prima dell'udienza al Tribunale sono arrivate le comunicazioni provenienti da creditori che comunicavano l'assenza di trattative e l'indisponibilità all'accettazione di proposte, comunicazioni inserite agli atti».
E alcuni hanno chiesto il rigetto del ricorso.
L'AUTOCERTIFICAZIONE
Il controllo svolto dal Tribunale «non si limita al mero riscontro documentale - scrive il collegio - ma presuppone anche lo svolgimento di una verifica dei presupposti per pervenire all'accordo». Insomma, non bastava l'autocertificazione che sono in corso le trattative «in presenza di molteplici dichiarazioni da parte dei creditori che hanno espressamente parlato di inesistenza di trattative in corso». Perchè non può considerarsi una trattativa l'invio di una proposta «in assenza di un congruo tempo di valutazione, ma è necessario comprovare l'esistenza di un contatto tra le parti, contatto ancora assente a fronte del mero invio di una comunicazione senza alcun riscontro dalla controparte». Bacchettati anche gli attestatori, che «non sono stati in grado di individuare con precisione i creditori esclusi dalle trattative». «Va inoltre osservato che il Consorzio - rileva il Tribunale - sia nella proposta originaria sia in quella modificata, effettua uno stralcio della posizione creditoria del Provveditorato priva di attuale concreta fondatezza».