Mose, cosa non ha funzionato. Procedure e livelli da rivedere

Mercoledì 9 Dicembre 2020 di Roberta Brunetti
Mose, cosa non ha funzionato. Procedure e livelli da rivedere
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VENEZIA Una previsione di marea - i famosi 130 centimetri - a cui far alzare il Mose, che ora in molti reputano troppo alta.

Ma anche una procedura per avviare il sollevamento delle barriere eccessivamente rigida, che ieri non ha consentito di seguire le bizze del meteo, alzando le paratoie all'ultimo. Il risultato è stata una giornata nera per il sistema Mose, che stavolta non è riuscito a mettere in salvo Venezia, dopo un fine settimana di super lavoro in cui le barriere erano rimaste chiuse per 48 ore, senza problemi. Una giornata che ha messo il luce le criticità di un sistema, che a questo punto dovrebbero essere modificato.


IL LIMITE

La prima questione è quella della quota di salvaguardia. Il livello di marea prevista, che dà il via libera alla messa in funzione del Mose. A regime, secondo il progetto, dovrebbe essere di 110 centimetri. Una quota relativamente bassa in cui buona parte della città è ancora all'asciutto, quasi il 90%, con la grande eccezione di Piazza San Marco per cui infatti esiste un altro progetto di messa in sicurezza. In questa fase, però, il Mose è ancora in fase di ultimazione: i cantieri alle bocche di porto non si chiuderanno prima di fine 2021, gli impianti sono provvisori, manca il collaudo, senza contare che anche il personale addetto ai sollevamenti non è tutto formato. Ed ecco la soluzione partorita questa estate di alzare il Mose solo con una previsione di 130 centimetri. Un livello di marea importante, che comporta l'allagamento del 46% della città. Un modo per non mettere troppo sotto stress un'opera ancora provvisoria, che per ogni sollevamento deve fermare i cantieri, con il rischio di allontanare per l'ennesima volta la data di fine lavori. Un modo anche per risparmiare: ben 4 i milioni messi di recente in conto dal Provveditorato alle Opere pubbliche per pagare due stagioni di sollevamenti (2020 e 2021). Un modo, soprattutto, per accontentare il mondo del Porto, molto preoccupato per questa entrata in funzione di un'opera provvisoria, con la conca di navigazione non ancora operativa e la prospettiva di ritrovarsi le navi bloccate in mare anche a lungo, in attesa di entrate in laguna. Con le prime acque alte di stagione, questo compromesso aveva retto. Per la soddisfazione di tutti, o quasi. Fino a ieri, quando l'incanto si è rotto, la città si è ritrovata allagata, tra polemiche montanti.


IL SISTEMA

La differenza l'ha fatta un meteo bizzoso, che è sfuggito alle previsioni. Ieri mattina davano ancora una massima di 125 centimetri alle 15.10, solo dopo mezzogiorno aggiornata a 135, poi addirittura 145... Ed ecco l'altro tema. Quello della rigidità delle procedure, pure studiate questa estate, che prevedono una serie di scadenze per azionare il Mose: a 48, 24, 12 e 6 ore prima della previsione massima. Poi non è più possibile. In attesa dell'istituzione dell'Autorità per la laguna, a cui passerà la gestione di tutto il sistema Mose, il compito di spingere il bottone in questa fase tocca al provveditore alle Opere pubbliche, Cinzia Zincone, e al commissario al Mose, Elisabetta Spitz. Una decisione, presa sulla base delle previsioni, ma non oltre 6 ore prima. Termine ritenuto necessario per allertare le navi e richiamare le squadre. Tecnici, tra l'altro, che ieri erano appena rientrati a casa, dopo le 48 ore di sollevamento non stop.


Che il sistema vada rivisto ieri lo ha ammesso anche il provveditore Zincone: «In questa fase, con l'opera ancora provvisoria, in mancanza di tutte le squadre, era corretto seguire le procedure, che ti danno una guida razionale, non emotiva. Ora, però, anche sulla base di questa esperienza, le procedure si possono anche cambiare».

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