«Molestie in seminario», la testimonianza dell'ex parroco D'Antiga al processo contro il "corvo"

Sabato 28 Gennaio 2023 di Gianluca Amadori
VENEZIA Il processo contro i corvi della Curia veneziana

VENEZIA - «Due seminaristi, attualmente sacerdoti, mi raccontarono di aver subìto molestie sessuali all’interno del Seminario di Venezia: consigliai loro di parlare della cosa in Patriarcato. Successivamente mi dissero di averlo fatto e di essere stati ascoltati con attenzione: più avanti, però, mi fecero sapere di essere stati estromessi dal Seminario».
A riferire l’episodio è stato, ieri, l’ex parroco di San Zulian e San Salvador, Massimiliano D’Antiga (ridotto allo stato laicale dal Papa due anni fa) rispondendo alle domande della difesa nel corso della seconda e ultima giornata di testimonianza al processo a carico di Enrico Di Giorgi, 76 anni, ex manager milanese alla Montedison di Marghera, e Gianluca Buoninconti, 55 anni, tecnico informatico di Milano, accusati di essere i “corvi” autori dei numerosi volantini, firmati “Fratino”, affissi tra gennaio e agosto del 2019, che narravano storie di prelati arraffoni e interessati al sesso, con un patriarca se non connivente, quantomeno intenzionato a chiudere un occhio. In uno di qui volantini venivano denunciate proprio le presunte molestie sessuali all’interno del Seminario veneziano.
D’Antiga ha spiegato che alcuni dei fatti raccontati nei volantini erano a sua conoscenza in quanto gli erano stati confidati da alcuni parrocchiani, di cui però non ha voluto fare i nomi, in ossequio al segreto confessionale. Al Tribunale ha dichiarato di avere sempre consigliato loro, prove alla mano, di rivolgersi al Patriarcato e alla magistratura, ma di non sapere se lo abbiano fatto.
 

IL VICARIO GENERALE
Dopo l’ex parroco, sul banco dei testimoni è salito il vicario della Diocesi di Venezia, don Angelo Pagan (costituto parte civile al processo in quanto vittima di uno dei volantini diffamatori), il quale ha ricostruito i rapporti con D’Antiga, sostenendo che erano sempre stati buoni, nonostante il Patriarcato fosse stato costretto ad intervenire per affrontare alcune questioni, relative alle eredità lasciate al parroco, e all’affitto di alcuni locali. 
Lo spostamento di D’Antiga a San Marco, desiso alla fine del 2018, non fu punitivo, ha assicurato Pagan: rientrava in un progetto di riorganizzazione dell’area di San Marco, di cui si parlava da tempo, con la nomina di un parroco unico. Ma D’Antiga reagì in maniera «sgradevole» perché non voleva lasciare San Zulian, dove riteneva di dover stare a vita, in quanto indicato da Padre Pio. Il vicario generale ha raccontato che, inizialmente, si cercò di convincerlo ad accettare; quindi, dopo una sua intervista polemica al Gazzettino e le proteste organizzate dai fedeli che lo sostenevano, il Patriarcato decise di intervenire «per evitare subbugli», consigliandogli il trasferimento per tre mesi in un monastero, per recuperare la serenità. Il parroco si rifiutò e, nel corso di un incontro con il Patriarca, nel mese di dicembre, minacciò rivelazioni su atti immorali di componenti della chiesa veneziana. Comportamento a seguito del quale gli fu aperto un procedimento per abuso d’ufficio e disobbedienza, nonché per le maledizioni pronunciate, a seguito del quale è stato poi ridotto allo stato laicale.
Il processo proseguirà il 14 febbraio. Tra i testimoni è previsto anche il Patriarca Francesco Moraglia, tra le vittime del “corvo”.
 

Ultimo aggiornamento: 10:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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