Tragedia di Mestre, l'assessore Boraso: «Prima verità: è stata colpa del bus non un malore dell'autista»

Sabato 27 Gennaio 2024 di Davide Tamiello
Tragedia di Mestre, l'assessore Boraso: «Prima verità: è stata colpa del bus non un malore dell'autista»

MESTRE - «Abbiamo una prima verità: Alberto Rizzotto era un bravo autista e quel disastro non è stato causato da un suo malore. Questo accertamento prova, dunque, che il problema stava nel bus e non nel suo conducente». Non usa mezze misure Renato Boraso, assessore alla Mobilità del Comune di Venezia, nel commentare l’esito della perizia autoptica sul corpo e sul cuore del 40enne trevigiano che, quella tragica sera del 3 ottobre, era alla guida dell’autobus che precipitò dal cavalcavia portando alla sua morte, a quella di 20 turisti e al ferimento di altri quindici.

Per il momento, a dire la verità, l’esito della perizia suggerirebbe maggior prudenza: ci sono due visioni, quello della cardiologa Gabriella Basso e quella del medico legale Guido Viel, che parrebbero effettivamente in contrasto. La prima parla della patologia coronarica di Rizzotto che potrebbe tradursi in malori cardiaci, la seconda dice che l’autista infarti non ne ha avuti e che è morto per il trauma cranico dovuto alla caduta del mezzo. Senza contare che ci sono anche altri elementi di cui tener conto: la procura sta aspettando ancora il verdetto su scatole nere, guardrail e strada. «In questo momento - aggiunge l’avvocato della società La Linea, Massimo Malipiero - sono state appena depositate due consulenze, una di natura medico legale e una di natura cardio patologica, quest’ultima porta elementi di sicuro rilievo che andranno approfonditi. Sono, però, due perizie complesse e non di immediata interpretazione, ogni dichiarazione sul merito sarebbe inopportuna e prematura». 

«PROBLEMA TECNICO»

L’assessore, però, la pensa diversamente. «Attendiamo gli accertamenti della Procura - continua Boraso - perché speriamo emerga presto tutta la verità. Io ho sempre sostenuto, fin dal primo giorno, che un autobus che tocca il guardrail più volte per 50 metri, senza riuscire a riportarsi al centro, qualche problema deve averlo avuto». Boraso, dopo gli altri incidenti (decisamente meno gravi) avvenuti prima in via Carducci e poi in via Cappuccina, con altri autobus de La Linea, ha chiesto un vertice con i tecnici del Comune. «Abbiamo invitato l’azienda a porre la massima attenzione. Sono accertamenti necessari perché servono a rassicurare i cittadini: non possono e non devono aver paura delle nuove tecnologie. Nel 2026 avremo 10 nuovi bus a idrogeno, le persone devono potersi fidare». 

I TESTIMONI

La notizia dell’esito della relazione tecnica non è arrivata come un fulmine a ciel sereno nemmeno agli avvocati delle parti civili, come spiega Silvia Trevisan, legale che rappresenta il giovane tedesco Nico Volkman e la compagna (ancora ferita e ricoverata in Germania): la coppia ha perso la figlia di 18 mesi, Charlotte. «Il mio consulente mi aveva anticipato la sua interpretazione che era la medesima di quella dei tecnici della procura - dice - quindi mi aspettavo questo verdetto. La testimonianza di Volkman? Per quello che riesce a ricordare, non mi ha mai accennato a un qualche malore evidente dell’autista». A questo punto, l’esito dell’inchiesta è affidata alle altre perizie: le due scatole nere all’interno del bus (una delle quali contiene le registrazioni dei filmati delle telecamere interne) e quella sul guardrail e il cavalcavia, effettuata dal super perito della procura Placido Migliorino. 

Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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