Zennaro, crollo nervoso dopo il nuovo rinvio del processo: il pm cambia per la terza volta

Mercoledì 30 Giugno 2021 di Davide Tamiello
Marco Zennaro con il padre
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VENEZIA - Ormai è una lotta di nervi. E quelli di Marco Zennaro, dopo quasi tre mesi (domani) di detenzione in Sudan tra carcere e domiciliari, sono messi a dura prova. Lunedì pomeriggio l'uomo ha avuto una nuova crisi e il padre Cristiano, estremamente preoccupato, l'ha fatto visitare da uno psicologo del posto. Il responso dell'analista è che il quadro clinico del 46enne sarebbe piuttosto delicato. Lo stress di questo lungo periodo di tensioni, adesso, sta presentando il conto. C'è il terrore di finire di nuovo in carcere, c'è l'esperienza brutale della detenzione in commissariato prima e in un penitenziario poi, c'è il peso della responsabilità per un'azienda, e le 25 famiglie dei suoi dipendenti, che da marzo non ha più il suo titolare.

TERZO PROCURATORE
Il motivo di stress principale è il sostanziale immobilismo della giustizia senegalese. Marco da un mese continua ad assistere a continui rinvii dell'udienza che dovrebbe chiudere il secondo dei due processi penali a suo carico. Posticipi che si accompagnano anche a un cambio continuo di inquirenti: il suo caso adesso è finito in mano a un nuovo procuratore, il terzo dall'inizio della vicenda. Secondo gli avvocati l'udienza dovrebbe essere più o meno una formalità: le accuse (il non aver inviato delle forniture già pagate dal cliente, un'azienda di Dubai) anche a parere degli investigatori sudanesi non avrebbero fondamento. Si andrebbe, quindi, verso un proscioglimento. Un provvedimento che libererebbe finalmente Marco dal giogo penale che lo tiene inchiodato a Khartoum da marzo. Poi rimangono le due cause civili, che corrono in parallelo alle altre. Per il procedimento relativo alle accuse dell'impresa di Dubai, la famiglia Zennaro ha già versato una cauzione di 800 mila euro. Una garanzia che permetterebbe all'imprenditore di tornare a casa e lasciare che il processo prosegua anche in sua assenza: i soldi sono lì, quindi i suoi avvocati potranno continuare a lavorare anche con l'imputato in contumacia.
Per quanto riguarda, invece, la prima causa, quella che ha scatenato tutto e che vede, come unico accusatore, un fedelissimo delle milizie ribelli sudanesi, è rimasta in piedi solo la causa civile.

Quella penale è stata già dismessa dal giudice, ritenendo che il miliziano non avesse voce in capitolo nell'affare e che quindi non potesse interferire nella trattativa da terzo incomodo. L'uomo, però, pare estremamente motivato a ottenere un risarcimento di 700 mila euro per dei trasformatori che, a suo dire, sarebbero stati difettati. In questo caso, però, non sembrano esserci garanzie o cauzioni che tengano: su questo fronte per trattare con le milizie è stato costituito un fronte comune tra la diplomazia sudanese e quella italiana. L'udienza per questo procedimento è stata rinviata all'8 luglio.

MANIFESTAZIONI
Queste giornate non saranno molto d'aiuto per l'iter. Ricorre oggi infatti l'anniversario della caduta della dittatura di Bashir, e sono previste manifestazioni da parte delle fazioni che lo rivorrebbero al potere. Forze dell'ordine, politica e giustizia in generale, quindi in questi giorni saranno impegnati a cercare di arginare le proteste. Intanto, continuano a non esserci notizie circa un possibile arrivo a Khartoum del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. La visita del capo della Farnesina era prevista anche prima che scoppiasse il caso Zennaro, ma di fatto ad oggi una data non c'è. E se ci sarà, a questo punto, quasi sicuramente verrà dopo il G20 di Venezia (che si terrà dal 7 all'11 luglio).
 

Ultimo aggiornamento: 16:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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