Leonardo Del Vecchio inedito nelle testimonianze a teatro. «Mi disse: non serve andare via da Belluno per diventare grandi»

Mercoledì 15 Marzo 2023 di Daniela De Donà
L'incontro al teatro Comunale su Leonardo del Vecchio

BELLUNO - Leonardo Del Vecchio “alla bellunese”. Con il sottofondo delle Pale di San Lucano e la voce di Claudio Baglioni con “Ad Agordo è così”, parte il cortometraggio di 15 minuti che precede il dialogo tra Tommaso Ebhardt, autore della biografia di Leonardo Del Vecchio, e il moderatore, Filiberto Zovico, presidente ItalyPost. Scorrono i volti di chi (dagli ex operai all’amministratore delegato) ha saputo tirare fuori dalla memoria notizie inedite, in versione “giovanile”, sul patron di Luxottica, morto il 22 giugno 2022. Inediti che fanno dire ad Ebhardt, direttore della redazione di Bloomberg News: «Nel libro avrei potuto raccontare molto di più della sua storia se avessi visto questo video con le testimonianze». A Belluno, al Teatro Comunale - grazie all’organizzazione del Rotary Club di Belluno (di cui Del Vecchio è socio onorario) presieduto da Gianmarco Zanchetta, in collaborazione con Luigino Boito, presidente del Circolo Cultura e Stampa bellunese - sono stati proiettati alcuni filmini, alla presenza di Luigi Francavilla (applaudito dai 500 presenti a Teatro!), classe 1937, braccio destro di Del Vecchio e attuale presidente onorario del Gruppo Luxottica. Accanto a lui, in platea, anche il sindaco di Belluno, Oscar De Pellegrin, che ha portato il suo saluto.

SGUARDO LARGO

Una cosa è certa: Del Vecchio è passato da imprenditore locale a leader mondiale. «Perché da Agordo ha guardato al mondo, non a Venezia o all’Italia», ha motivato Ebhardt. A tal proposito, nel video, così ha raccontato Maurizio Paniz, avvocato (di Del Vecchio come di Berlusconi) con studio a Belluno: «Gli chiesi perché restasse ad Agordo, un paese oggettivamente così fuori dal mondo. Lui mi rispose: dove sta scritto che non si può diventare i più grandi restando qui? Fu una lezione per me che stavo valutando l’idea di aprire uno studio a Venezia o Milano. Tanto che a Leonardo dissi: messaggio ricevuto, saranno i miei clienti, se lo vorranno, a venire a Belluno». Tra l’altro Maurizio Paniz ebbe un incarico particolare: Del Vecchio, per il Museo che stava allestendo ad Agordo, voleva acquistare da un privato una particolare collezione di occhiali. «Ci teneva molto – conclude Paniz - mi disse di andare a Genova a contrattare, dopo tre viaggi convinsi il proprietario a cedergli la collezione».

IL FORNO DEL “FOLLADOR”

Era imprenditore che trovava sempre la soluzione. A raccontare è un operaio: «Doveva portare un prototipo a Milano, ma il forno del laboratorio ebbe un guasto. Che fare? Del Vecchio riuscì a convincere il preside dell’Istituto minerario a prestargli il forno della scuola. Con gli operai che lavorarono fino alle due di notte». E alle tre Del Vecchio partì per Milano: missione compiuta. «Sfida vinta, anche stavolta ce l’abbiamo fatta», disse agli operai.

LA PORCHETTA

Tra gli spezzoni in Super8, proiettati al Comunale, c’è quello che vede Leonardo tagliare a pezzi un maialino. Questo l’episodio: invitò tanti amici agordini per festeggiare la costruzione, proprio accanto alla fabbrica, della sua casa. Si decise di preparare una porchetta, cotta nello spiedo del camino. Ma nessuno era esperto e sapeva cucinarla: dopo ore e ore di spiedo, al momento di tagliarla ci si accorse che era ancora cruda. «Prese lui a tagliarla e rimetterla sul fuoco». Ovviamente tra le risate. Quasi un’ossessione quella di arrivare davanti a tutti. Con la regola che occorre fare un passo alla volta: «Era convinto che quello che stava facendo nell’ambito eyewear lo doveva fare meglio di tutti, e lo faceva trasparire – sono parole di Ebhardt - ma è stata questa ossessione, che era anche una condanna e che lo faceva concentrare sulla astina o sulla vite, a far arrivare Luxottica agli 80 miliardi quotati in borsa».

IL FIOL DE BOTEGA

«Non è stato facile incontrarlo, per la sua riservatezza. A temperare la ritrosia ad aiutarmi è stato il mio accento veneto – sono parole di Ebhardt che racconta il primo impatto – di Del Vecchio mi ha colpito la linearità portata all’estremo. E la perseveranza». Così, quindi, ha motivato l’empatia con i collaboratori, intesi come operai e dirigenti: amava ripetere, infatti, che a fare la differenza erano loro, non i macchinari, non le reti distributive, non i marchi: «Fu un presidente-operaio – sottolinea Ebhardt - perché era partito, a 14 anni a Milano, come fiol de botega». Per finire con il dire, poi, dal piedistallo del suo solido impero, «Adesso posso permettermi di sbagliare»

Ultimo aggiornamento: 16:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci