VENEZIA - La sfida è rivoltare la città come un calzino raddoppiando gli studenti universitari e creando almeno un centinaio di nuovi corsi universitari nel giro di cinque o dieci anni. Non è un sogno, ma il primo dei cosiddetti "cantieri" della Fondazione Venezia capitale mondiale della sostenibilità, che sta cominciando ad essere abbozzato. L'idea è che attraverso l'istruzione universitaria si possa trasformare socialmente e anche urbanisticamente la città, recuperando oltre cinque milioni di metri quadri. ;a direttrice è quella compresa tra l'area portuale Santa Marta-Marittima, l'area post industriale di Marghera e il polo di via Torino a Mestre. L'arco di tempo è decennale e l'investimento prospettato è enorme: circa 4 miliardi di euro tra fondi Pnrr, fondi pubblici e fondi privati.
LA BENEDIZIONE
A riferirlo è il presidente della Fondazione, l'ex ministro Renato Brunetta, assieme al sindaco Luigi Brugnaro, alla rettrice di Ca' Foscari Tiziana Lippiello e al rettore dello Iuav, Benno Albrecht.
«Non ricordo un incontro su un progetto concreto di tale rilevanza negli ultimi decenni - ha detto Brunetta - e una tale "congiunzione astrale" di pareri favorevoli, degli enti e aziende coinvolti, ma soprattutto di Stato, Regione e Comune. Con il progetto "Venezia città campus" vogliamo raggiungere in 5-10 anni la percentuale media europea di studenti rispetto alla popolazione delle città universitarie. In numeri vuol dire 30 mila studenti in più provenienti da tutto il mondo perché i corsi di laurea saranno tutti innovativi ed esclusivi. Ma la presenza delle più importanti imprese e multinazionale nella Fondazione fa sì che sul territorio ci saranno anche importanti investimenti e quindi parte di quei temporanei diventeranno residenti permanenti».
IL RUOLO DEI PRIVATI
Ma chi finanzierà questa trasformazione che potrebbe essere epocale? Il Pnrr certamente avrà un ruolo importante e così il Ministero dell'Università, che con l'attivazione dei corsi provvederà anche al finanziamento. Ma conta molto la parte privata.
«Ci prendiamo un mese di tempo per chiedere a tutte le imprese che sono fondatori e cofondatori di esprimere i fabbisogni in capitale umano per investire a Venezia. Questa raccolta verrà girata alle Università che si rivolgeranno al Ministero per avere i nuovi corsi di laurea. Le imprese investono dove trovano il capitale umano e se lo formiamo a Venezia investiranno sia per la formazione che in attività profittevoli. Perché, alla fine, il problema vero di Venezia è che la sua economia turistica ha un bassissimo valore aggiunto e noi vogliamo portare attività ad alto valore aggiunto, insediarle accanto ai poli universitari e di ricerca».
«Venezia non è uno spazio da riempire - ha aggiunto Lippiello - ma un luogo da valorizzare e la sua tradizione è il punto di forza per il suo sviluppo e la sua innovazione; un'opportunità che dobbiamo saper cogliere ora, per il futuro delle nuove generazioni».
IMPERATIVO OSARE
Un sono? Al momento è presto per dirlo, ma i rettori di Ca' Foscari e Iuav hanno reagito con entusiasmo. E lo stesso Albrecht ha detto di aver almeno tre potenziali investitori appena alla fine dell'incontro. Insomma, bisogna osare.
«Raddoppiare l'Università vuol dire anche residenze, docenti laboratori: un ecosistema che cambia completamente e che è capace di invertire il trend demografico. Questo perché Venezia diventa un attrattore di popolazione . Così si inverte la monocultura turistica».
Le zone di espansione individuate sono quelle alle estremità di Venezia e della terraferma: Marittima, del molo di Levante e di Ponente Santa Marta da una parte e le aree delle raffinerie, dei Pili, del Vega, e di via Torino dall'altra. Si considerano tutte "zone di sviluppo" per aule, attrezzature e alloggi universitari.
Certo, per il rettore dello Iuav solo a Venezia "isola" ci sarebbero 60 ettari "vuoti" da recuperare, ma l'impresa non sarà facile come potrebbe esserlo in terraferma.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout