Caffè Florian compie 300 anni, ma resterà chiuso fino ad aprile per la crisi da Covid

Martedì 29 Dicembre 2020 di Tomaso Borzomì
Lo storico Caffè Florian a Venezia

VENEZIA - Nel “balletto” tra zone gialle, rosse e arancioni, la certezza è che due simboli di Venezia e (e di piazza San Marco) come il Caffè Florian e i musei Civici, con palazzo Ducale e Correr sopra tutti, danno il senso dell’agonia che la città sta vivendo in questi mesi difficili.Da un lato, lo storico Caffè che oggi “celebra” (si fa per dire) i 300 anni in una situazione impensabile un anno fa, dall’altro i Musei che annunciano la proroga della chiusura fino al 1° aprile.

Entrambe le situazioni, tra l’altro, hanno una ricaduta occupazionale non irrilevante. Marco Paolini, amministratore delegato di Sacra, società che gestisce il Florian, parla di rischio chiusura. Nel giorno dei 300 anni del Caffè (29 dicembre 1720-2020) Paolini lancia un grido di dolore, stretto nella morsa delle chiusura obbligate per l’acqua alta e per i danni del Covid: «Chiusi da marzo alla fine del corrente anno per sei mesi (marzo, aprile, maggio, giugno, novembre, dicembre), nei sei mesi rimanenti con un 20% di incassi rispetto al 2019 (-80%) abbiamo assistito l’8 dicembre anche a un ennesimo assalto dell’acqua alta che ha portato il personale del Caffè, pur ridotto allo stremo con la Cassa integrazione che copre solo il 40% dello stipendio, ad accorrere per pulire le sale».  Paolini ne ha per tutti, a partire dalla gestione dei rimborsi per l’acqua alta: «Ammontano a 20mila euro e rappresentano una quota assolutamente marginale rispetto ai danni effettivamente subiti e ai costi sostenuti».

Quindi il Demanio: «In questo anno non c’è stata alcuna riduzione dei canoni demaniali e i ristori previsti non hanno incluso il Florian se non nell’ultimo Dpcm per il Covid e in quelli precedenti siamo stati esclusi avendo realizzato nel 2019 un fatturato superiore ai cinque milioni. In ogni caso non è stato ancora ricevuto un solo euro dei ristori a cui abbiamo potuto accedere». Uno scenario che comporta il timore del fallimento: «Tuttavia il Florian è ancora vivo, seppure quasi agonizzante, e sopravvive grazie al gravoso impegno dei soci e alle banche, con cui si è al limite degli affidamenti. Non ci sono per ora prospettive di conoscere una data seppure presunta di riapertura, ci sono 80 dipendenti a rischio e siamo estremamente in apprensione per poter garantire loro un futuro, non c’è aiuto da parte del Demanio per la riduzione sostanziale dei canoni. Per fortuna non è stato richiesto il costo del plateatico da parte del Comune e vi è stata disponibilità da parte dei privati».

La paura è che la storia possa finire qui: «Dopo 300 anni di gloriosa vita il Florian rischia un destino miserevole». Parole ricche di amarezza, che ben si avvicinano alle sofferenze a cui devono far fronte i musei, che saranno chiusi per altri tre mesi. La decisione presa dal Cda della Fondazione Musei civici di Venezia non ha però lasciato indifferenti i sindacati, che prendono di mira quanto stabilito, a partire dal fatto che il Governo: «Ad oggi dispone la chiusura dei musei sino al 15 gennaio». Daniele Giordano (Cgil Fp) e Mario Ragno (Uil Fp) attaccano: «Una decisione grave ed incomprensibile. Una scelta che va in totale controtendenza con tutte le esternazioni della giunta Brugnaro che ha predicato costantemente la riapertura delle attività e invece, proprio sulla cultura, fa una scelta opposta».

Non manca la presa di posizione a favore dei dipendenti: «Quanto determinato dal Cda ha anche gravi ricadute sui lavoratori che vengono messi in cassa integrazione al 100% sino al 1 aprile. I lavoratori della Fondazione sono stati in cassa integrazione per gran parte del 2020, contribuendo a far risparmiare alla Fondazione ben 600mila euro. Il Cda vuole risparmiare in tre mesi ulteriori 620mila euro». Sulle cifre l’assessore al bilancio Michele Zuin si rifiuta categoricamente di commentare, definendole solo “dati folli”. «Solite polemiche sindacali - spiega piccato Zuin - i budget si fanno sfruttando le risorse che vengono messe a disposizione. E si ringrazi Dio che la Cassa integrazione è prevista, dato che ci sono altre realtà, vedi Porto, che invece non ce l’hanno. La Fondazione ha l’obbligo di chiudere in pareggio, sarebbe irresponsabile non portare avanti un programma di bilancio che miri a mantenere equilibrio, senza tagli alla cultura. L’idea è che ci siano persone che vivano un’altra realtà, quello che invece stiamo facendo è per preservare i posti di lavoro. Di cosa stiamo parlando?».

Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 10:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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