Venezia, in Piazza San Marco chiudono i primi caffè storici: «Scusateci, forse riapriamo nel weekend»

Martedì 3 Novembre 2020 di Nicola Munaro
Venezia, in Piazza San Marco chiudono i primi caffè storici: «Scusateci, forse riapriamo nel weekend» (Foto di Wolfgang Zimmel da Pixabay)

VENEZIA Sembrava impossibile, una provocazione per lanciare un grido. È successo davvero. Ieri i caffè storici di Piazza San Marco hanno iniziato a chiudere. L'Aurora e il Chioggia per primi. Poi - dopo un tentativo mattutino - serrande abbassate anche al Todaro: «Con grande rammarico e tanta preoccupazione ci scusiamo con tutti i nostri clienti ma abbiamo deciso di chiudere durante la settimana.

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«Non vogliamo mollare - spiega Claudio Vernier, titolare del Todaro e anche presidente dell'Associazione Piazza San Marco - ma non abbiamo altra scelta al momento. Se i musei resteranno aperti, proveremo a riaprire, altrimenti vedremo sotto Natale che fare». L'impressione, confermata dalle voci romane, è che i centri della cultura resteranno off limits e che quindi il primo passo fatto dai tre caffè storici verrà seguito in breve anche da altri locali che, sotto le Procuratie, abbracciano la basilica. Il Florian ha già ridotto il plateatico - nonostante dal Comune sia arrivata la proroga per i tavolini gratis e non siano ancora stati vietati gli ombrelloni - e presto potrebbero chiudere anche il Quadri e il Lavena. Tutti vittime di costi elevatissimi e di incassi ridotti al minimo.

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VENEZIA - L'estate è passata in fretta, il turismo si è riaffacciato, sì, ma molto timidamente, con numeri appena sufficienti per restare a galla, e nemmeno per tutti, e la Venezia del dopo-lockdown (e dopo l'acqua granda di quasi un anno fa) è rimasta in penombra, fra (poche) giornate di improvvise, illusorie fiammate, e molte altre di buio totale, o quasi.


Storici caffè chiudono

La Piazza era tornata a respirare in estate e la boccata d'ossigeno era continuata grazie all'indotto e al movimento portato al Lido dalla Mostra del Cinema. C'erano poi stati gli eventi come lo spettacolo che il primo settembre ha aperto la mostra L'età dell'oro di Fabrizio Plessi nell'ala Napoleonica, il concerto della Fenice e la finale del Campiello. 
«Chiuso settembre - continua Vernier - gli incassi sono crollati. Ora si fattura il 10% di quanto si fatturava un anno fa». Poi, la notte del 12 novembre 2019, i 187 centimetri di marea portavano la città in un incubo senza fine: sul più bello, mentre il tessuto socio-economico si stava rialzando, la mannaia del Covid. «È un anno che siamo in sofferenza. Sono mesi che stiamo urlando e chiedendo, senza fare manifestazioni forti, un sostegno a chi di dovere - puntualizza il presidente dell'Associazione - Le città d'arte stanno soffrendo tantissimo. Di chi oggi chiude, vediamo quanti riapriranno: il conto lo pagheremo ad aprile, quando anche l'inverno, solitamente un periodo di flusso turistico minore, sarà alle spalle».

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Covid e disoccupazione

«Chiudere caffè ed esercizi storici com'è accaduto in Piazza - fa sapere Vernier - vuol dire anche mandare in disoccupazione chi a Venezia lavora e ci abita». Perché se la Piazza con i suoi caffè richiama l'immaginario collettivo di Venezia, è tutta la città ad essere svuotata. Negozi con cartelli appesi alle vetrine che raccontano di serrande abbassate e di affitto mostruosi compresi, per i caffè, in una forchetta tra i 6mila e i 7.500 ad arco che dà sulla Piazza. «I proprietari dei fondi ci sono venuti incontro per un certo periodo - conferma il presidente - ma il 2020 ormai è andato in passivo e l'idea di affrontare i prossimi sei mesi con incassi azzerati, anche se gli affitti dovessero essere dimezzati, è un incubo. Bisogna arrivare ad aprile». Quando si capirà cos'è rimasto del salotto buono di Venezia.

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Ultimo aggiornamento: 15:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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