La resa dei caffè di San Marco. Alajmo: «Problemi enormi. Quadri chiuso riapriamo a Natale»

Giovedì 22 Ottobre 2020 di Claudio De Min
Bar vuoti in piazza San Marco
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VENEZIA - L'estate è passata in fretta, il turismo si è riaffacciato, sì, ma molto timidamente, con numeri appena sufficienti per restare a galla, e nemmeno per tutti, e la Venezia del dopo-lockdown (e dopo l'acqua granda di quasi un anno fa) è rimasta in penombra, fra (poche) giornate di improvvise, illusorie fiammate, e molte altre di buio totale, o quasi. E così, nel pieno dell'autunno e nella prospettiva che la seconda ondata pandemica si intensifichi ulteriormente, come tutto lascia presagire, si fanno i conti, si guarda avanti e quello che si vede - nei registratori di cassa e nel futuro prossimo - non induce all'ottimismo. Soprattutto in Piazza San Marco dove si spengono prestigiose vetrine (Venini, per dirne una, ma non solo) e dove chi resta e resiste si dibatte fra incassi crollati del 70 per cento, quando va bene, e costi fissi esorbitanti. Anche, soprattutto i caffè storici risentono della crisi. Così, il rischio di andare verso un inverno a luci spente, e non metaforicamente, diventa un'eventualità concreta e malinconica. Come ha denunciato l'altro ieri il presidente dell'Associazione Piazza San Marco, Claudio Vernier. 
La piazza più bella del mondo per la prima volta nella storia rischia di chiudere in vista della stagione invernale?
«La vedo piuttosto male. Claudio ha ragione. Per quanto ci riguarda abbiamo già in programma di fermarci per buona parte di novembre e fino all'inizio di dicembre, per poi riaprire in vista del periodo natalizio. Dopodiché a gennaio vedremo», ammette Raffaele Alajmo, ceo dell'omonimo gruppo che con i suoi dieci ristoranti fra Italia, Parigi e Marocco è sul podio della classifica dei fatturati per quanto riguarda le aziende di alta ristorazione in Italia. A Venezia, Alajmo vuol dire Amo, all'interno del T-Fondaco dei Tedeschi a Rialto e, soprattutto, lo storico Gran Caffè Quadri, che comprende il bar e due ristoranti, affacciati su Piazza San Marco.
Cosa deve succedere a gennaio per mettervi nelle condizioni di proseguire l'attività?
«Prima di tutto l'esenzione dalla tassa di occupazione del suolo pubblico che ci costa 140 mila euro l'anno, esenzione attivata dopo il lockdown e fino al 31 dicembre, ma che dovrà essere prorogata almeno fino a giugno. È il minimo per permetterci almeno di sopravvivere. Se non dovesse accadere restituiremo il plateatico al Comune».
Proroga degli ombrelloni e possibilità di utilizzare sistemi esterni di riscaldamento potrebbero aiutare?
«Tutto aiuta ma ci vuole altro a questo punto. In estate abbiamo tenuto aperto in perdita, per garantire la continuità, la vita della piazza e lo stipendio ai nostri dipendenti, ci siamo ulteriormente indebitati. Ma è ovvio che non possiamo sostenere questa situazione molto a lungo».
Insomma, l'estate non è stata così entusiasmante come qualcuno immagina?
«Si è lavorato molto il sabato e la domenica, gli altri cinque giorni della settimana poco o nulla. Non si può reggere imprese del genere incassando due giorni su sette, non si va da nessuna parte. Del resto con lo scontrino elettronico chi di dovere può vedere in tempo reale i nostri ricavi giornalieri e confrontarli con quelli degli anni precedenti. Non ci vuole molto a fare due conti».
Vi siete sentiti soli?
«Ripeto, ci sono venuti incontro con l'annullamento della Cosap, ma in Piazza le problematiche sono enormi, di tutti i tipi e su tutto, e differenti da qualsiasi altra zona della città. Faccio un esempio: avevo chiesto al Comune se fosse possibile recuperare i posti persi causa norme sul distanziamento al Quadrino, il bistrot al piano terra del Quadri, e avere l'autorizzazione ad utilizzare lo stesso numero di coperti all'esterno. Purtroppo c'è un regolamento comunale che vieta il servizio di ristorazione sulla piazza. Il Comune sarebbe stato disponibile a venirci in qualche modo incontro ma poi la Regione lo avrebbe comunque bocciato. E questo è uno dei tanti vincoli che rendono difficilissimo il nostro lavoro, a fronte di costi enormi. Ovviamente, per questioni di riservatezza, tralascio di parlare degli importi degli affitti. Non vorrei che a qualcuno prendesse un coccolone. Se non ci verranno incontro mi sa che dovremmo davvero fermarci almeno fino a primavera».
Par di capire che un regolamento fatto per salvaguardare il decoro della piazza alla fine equipara attività diametralmente opposte sul piano della tradizione e della qualità?
«Infatti, è una normativa uguale per tutti, ma che alla fine mette sul medesimo piano il Quadri, un bar cinese, una gelateria turistica».
E ora?
«Per garantire i nostri dipendenti nel periodo invernale stiamo lavorando per ripetere in una località di montagna l'esperienza di successo della Hosteria in Certosa, (l'isola all'entrata della laguna, ndr). Dovremmo firmare a giorni un impegno per quattro mesi. Sperando che non precipiti la situazione e non chiudano anche lì, perché a quel punto non so chi ci potrebbe salvare e dovrò lasciare a casa gran parte del personale per sei mesi».
Claudio De Min
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Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 14:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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