12 novembre 2019 - Acqua Granda a Venezia. Brugnaro: «È stata come un terremoto»

Mercoledì 11 Novembre 2020 di Michele Fullin
12 novembre 2019 - Acqua Granda a Venezia. Brugnaro: «È stata come un terremoto»
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A un anno dall'Aqua Granda del 12 novembre, la marea di 187 centimetri che ha sommerso Venezia, Chioggia e le isole, causando danni immensi, le ferite della città sono quasi tutte rimarginate.

Tuttavia, quell'episodio, causato (ormai è assodato) da un piccolo ciclone che si è formato attorno alle 20 a sud della città, è stato l'inizio di un anno terribile per Venezia, le sue famiglie e le sue attività, che hanno sofferto pesantemente con tre mesi di anticipo a una situazione che poi il Covid ha esteso al resto d'Italia. Il sindaco Luigi Brugnaro quella notte era in piazza, assieme a un gruppo ristretto di funzionari e collaboratori, a gestire la situazione dal punto più colpito.

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Sindaco, cosa le è rimasto di quella notte?
«È un periodo che non dimenticherò mai. Non ho avuto il tempo di riflettere, ma ricordo di non aver avuto paura. Mi era capitato anche in altre occasioni: di fronte al problema cerco di risolverlo. Ricordo che davo ordini senza neanche sapere se ne avevo l'autorità; non mi ero chiesto in quel momento se potevo o non potevo farlo. L'ho fatto e basta. Allora si è creata veramente una vicinanza con la gente. Ricordo alle 2 di notte la grappa bevuta assieme a un commerciante delle Fondamente Nove che aveva perso tutto. Le ore e i giorni successivi ho girato la città, ricordo gli occhi delle persone che in un momento erano tutte unite in una grande comunità. Sono arrivato che ero stremato a febbraio, contavo i giorni che mancavano alla fine del Carnevale per farmi due settimane di riposo. Ed è partito il Covid...».


Ha visto anche tante lacrime e tanta rabbia.
«Sì, ma di fronte all'emergenza questa città ha reagito come una squadra compatta. Quel momento dovrebbe essere la chiave di lettura di come Venezia dovrebbe affrontare il futuro. Bisogna lasciare certe polemiche e fare squadra. Ce lo insegna lo sport: stai vincendo, poi gli altri rimontano. In quel momento o hai in nervi saldi e porti a casa la partita oppure perdi. Venezia quando è unita è imbattibile. Se ci si divide si perdono le battaglie importanti e non abbiamo più tempo per perderle. Se sbagliamo le mosse adesso perderanno i nostri bambini».

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VENEZIA - Come un cetaceo spiaggiato sul bagnasciuga, i l vaporetto VE 9318 è arenato sulla Riva degli Schiavoni, in un indistinto tutt'uno fra marea e masegni. Pochi passi più in là, all'imbarcadero dell'Arsenale, VE 8766 è riverso su VE 9296, a sua volta adagiato sulla fondamenta.


Tutti hanno in mente l'immagine del vaporetto sulla riva, possiamo raccontare cosa è successo dopo?
«Nei primi trenta giorni abbiamo ripristinato la città, cancellato i segni dei danni che avrebbero creato un problema alla vita delle persone. Oltre al grande sforzo dello Stato, della Regione del Comune e delle aziende, c'è stata una gara di solidarietà. Giovani, anziani, studenti, famiglie, associazioni sportive, protezione civile che ha fatto turni massacranti. Nessuno si è sottratto. Abbiamo dato una dimostrazione all'Italia che quando si vuole si può fare. Un po' come in Friuli nel 76».


Il 2020 è per Venezia è anche uno spartiacque tra il prima e il dopo.
«Effettivamente il 12 novembre in qualche modo segna una presa di coscienza da parte del Governo e del Paese, che ha ricominciato a capire che Venezia è una città speciale. Bisogna ora concretizzare un percorso su cui ho le idee molto chiare. Sono successe cose incredibili, un cambiamento economico inimmaginabile, prima per l'acqua alta e ora per il Covid».


Che strada deve cercare Venezia?
«L'acqua alta e il virus sono certamente cause scatenanti della crisi, ma il problema nasce da lontano, parte da un atteggiamento culturale che, senza che qualcuno se la prenda a male, è oggettivamente sbagliato. È l'idea della decrescita felice, che non è nata oggi, un atteggiamento ostile nei confronti del lavoro e delle imprese. A Venezia ci sono radici forti di questo movimentismo ambientalista chiuso. Io mi ritengo un ambientalista operativo, credo che l'ambiente lo difendi se entri in dialogo con la natura. E il dialogo lo fai non subendo la natura».


E una volta chiarito l'antefatto?
«Allontanare i problemi negandoli è la favola della volpe e l'uva. Il porto e la città devono convivere, non è vero che scavare i canali per riportarli alla situazione ottimale è un danno all'ambiente. Da qui a dire che non si fa niente il passo è breve. La laguna è anche un mezzo di comunicazione. Se si vuole pensare al rilancio economico bisogna passare di qua. Come puoi immaginare di riportare persone in città se non porti il lavoro e la rifunzionalizzazione degli edifici? Se non porti un riconoscimento della sua specialità e dei costi impropri che essa sostiene tutti i giorni?».

 


Si riferisce alla Legge speciale?
«Sì, fino al 2003 Venezia percepiva in media 140 milioni l'anno, poi sono passati a 18 e ora che stiamo recuperando la media è di 35-36. Ma parlo anche di fare i lavori per chiudere i marginamenti a Marghera e far insediare attività ad alto valore tecnologico. Non si può fare una battaglia di retroguardia contro il termovalorizzatore quando tutti sanno che nei paesi del Nord dove l'ambientalismo è più forte hanno tutti i termovalorizzatori che funzionano benissimo e non hanno fatto morire nessuno. L'alternativa sarebbero le discariche o i costi impropri del conferimento delle nostre spazzature ad altri. C'è il tema della nuova chimica che se la fai in maniera intelligente come fa l'Eni con il recupero degli oli esausti, diventa un vanto nel mondo. O la scelta che il Comune ha già fatto di usare solo bus elettrici al Lido o di dotare tutta la città di fibra ottica. L'idea di poter attirare con la Zona economica speciale a Marghera investimenti con il vantaggio fiscale. L'idea di difendere il porto. La città deve cogliere l'occasione di rilancio. Ma deve ascoltare chi ha dei meriti. I Boeing li devono pilotare le persone che hanno i brevetti. Se si fa così sono convinto che Venezia sarà una delle prime città a ripartire».


Inevitabile parlare del Mose, che sta funzionando e dovrebbe eliminare almeno le maree più alte.
«Non voglio creare polemiche, ma fino a oggi noi abbiamo collaborato con tutti, poi a Ferragosto, in mezzo al decreto Covid hanno piazzato una norma che crea un'Autorità per la laguna che toglie ogni competenza al Comune e ai cittadini. La ritengo un grande errore e spero che ci sia il modo di cambiarla. Io penso che rischiamo di perdere questi due anni in cui il Mose non è finito per capire come usare l'opera tenendo in funzione il porto. Invece, se lo Stato vorrà fare da solo, ci ritroveremo a opera finita a discutere ancora se tirare su le barriere a 110 o 130 centimetri. Il fatto è che dove lo Stato interviene sulle città non funziona più niente. È per quello che il Veneto ha votato in massa per l'autonomia».


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Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 08:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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