PORDENONE - Un’altra brutta botta. Anzi due. E questa volta i nomi sono quelli che hanno fatto letteralmente la storia del commercio a Pordenone. Nel cuore del salotto buono della città. I tempi cambiano, si dirà. Manca il ricambio generazionale, ed è vero anche questo. Per i pordenonesi doc, però, sarà inevitabile avere almeno un po’ di pelle d’oca. La notizia, infatti, tocca le corde più interne dell’abitudine, interessando due vetrine che ormai in centro sono parte di una specie di pellegrinaggio classico per ogni amante dello shopping: sono in vendita sia Manzoni che Cappelletto.
E per quest’ultimo marchio ci sarebbe anche una data-limite. È quella di settembre, quando lo storico negozio chiuderà se nel frattempo non si saranno fatti vivi acquirenti credibili e forti.
IL QUADRO
Due fulmini, ma senza il cielo sereno alle loro spalle. Sì, perché il centro storico di Pordenone sta soffrendo gli effetti di una dinamica spesso troppo grande da governare anche per un sindaco o un Comune. Gli affitti alti, il cambiamento delle abitudini degli acquirenti, il boom del commercio online. E ancora gli effetti dell’inflazione, che mese dopo mese erode le possibilità di acquisto dei consumatori. Questa volta, però, sono i due nomi a dare i connotati alla notizia: Cappelletto e Manzoni a Pordenone sono pezzi di storia. Senza alcuna esagerazione. E all’orizzonte sembrano esserci destini comuni, anche se differenziati per alcuni aspetti tecnici. Sia il negozio di calzature, pelletterie e abbigliamento di corso Vittorio Emanuele che lo storico marchio Cappelletto di piazza XX Settembre sono in vendita. E per quest’ultimo c’è ancora un’estate all’orizzonte prima della chiusura. Ovviamente tutti sperano che le eventuali trattative per la vendita possano andare a buon fine.
IL CONTESTO
Una dinamica, quella legata alla crisi del commercio nei centri storici cittadini, sulla quale anche il Municipio può incidere sempre meno. Le misure da parte dell’amministrazione, che spesso utilizza anche la leva fiscale per invogliare i negozianti a rimanere in città o gli investitori a scegliere il centro storico.
Di recente, però, la spirale sembra davvero inarrestabile. Solamente all’inizio di corso Vittorio Emanuele II si contano cinque vetrine vuote, tra ristoranti che hanno gettato la spugna e negozi di occhiali con la serranda abbassata. Emblematico anche il caso della macelleria “Del Corso”, con i titolari che hanno scelto di mettere in vendita l’attività nata nel Dopoguerra non lesinando qualche critica nei confronti della loro stessa “casa”, cioè un corso e un centro che sembrano aver passato inesorabilmente l’età dell’oro.