Santarelli, il coach d'oro dell'Imoco e ct della Turchia: «Conegliano è casa mia, resterò a lungo»

Giovedì 29 Dicembre 2022 di Francesco Maria Cernetti
Daniele Santarelli, coach della Prosecco Doc Imoco, è anche il nuovo ct della Turchia

CONEGLIANO - Il 2022 dello sport trevigiano ha un nome e un cognome: Daniele Santarelli. È il primo allenatore nella storia a conquistare due medaglie d’oro iridate nello stesso anno: la prima sulla panchina della Serbia, la seconda pochi mesi dopo guidando la Prosecco Doc Imoco. Conegliano che, per ammissione dello stesso Santarelli, rappresenta ben più di un luogo dove esercitare la propria professione di capoallenatore. Dall’estate 2015 il tecnico di Foligno si è immerso nel mondo gialloblu, assorbendo lo spirito del territorio ed ergendosi a portabandiera della Prosecco Doc Imoco. Superati brillantemente i primi test con le Pantere, è arrivata la chance con la nazionale croata (con cui ha conquistato due medaglie d’argento nella European Golden League), prima di spiccare il volo con la Serbia di Tijana Boskovic. Poi, l’ennesimo colpo di scena nella carriera: il passaggio alla panchina della Turchia poco più di due mesi dopo la cavalcata mondiale con la nazionale balcanica.

Ma  è Santarelli stesso ad allontanare i timori che la nomina ad allenatore della Turchia sia un preludio a una possibile avventura  con le superpotenze ottomane (Eczacibasi e Vakifbank su tutte), visto che il suo contratto con l’Imoco è in scadenza: «Conegliano è casa mia, e ormai lo è da tanto tempo. Passare dalla nazionale serba a quella turca non cambierà niente per quanto riguarda il mio futuro qui, anzi. Forse per certi aspetti potrebbe semplificarmi le cose perché seguire le giocatrici del campionato turco potrebbe essere più semplice, considerato che quasi tutte giocano in patria ed è un campionato che conosco molto bene».
Prima di diventare uno degli allenatori più vincenti nella storia della pallavolo, Santarelli ha vissuto anni in campo giocando come libero, lo stesso ruolo di Monicai De Gennaro, sua moglie dal giugno del 2017 (dopo sette anni di fidanzamento) e anch’essa bandiera della Prosecco Doc Imoco. Dall’estate 2017, preso il posto di Davide Mazzanti sulla panchina gialloblu, Santarelli non ha fatto altro che vincere: 4 Scudetti, altrettante Supercoppe, 3 Coppe Italia, 2 Mondiali per Club e una Champions League, conquistando tutti i trofei possibili a livello di club.

Ma, come detto, prima della giacca e cravatta, c’erano le ginocchiere, appese a 28 anni. 


Daniele, a cosa è dovuto il passaggio da giocatore ad allenatore?
«Sono sempre stato molto ambizioso, e ho sempre desiderato arrivare al livello più alto possibile. Tuttavia, da giocatore la mia testa rappresentava sia un vantaggio che un limite: pensavo troppo. Poi, a 28 anni ho smesso di giocare e ho dedicato anima e cuore a questo mestiere, anche se già a 18 allenavo le giovanili. Ho avuto la fortuna di crescere in una società come Pesaro, che a suo tempo era il top in Italia, in cui allenavo la Snoopy, seconda squadra della Robursport. Anche lì ho avuto la fortuna di trovare un ottimo ambiente, una società che si è dimostrata sana, le persone giuste e ambiziose. Tutto un insieme di cose che mi ha aiutato a bruciare le tappe, se così si può dire». 


Penso sia l’anno sbagliato per questa domanda, ma cosa fa Daniele Santarelli nel tempo libero?
«Ecco, diciamo che quest’anno di tempo libero ne ho avuto davvero poco tra una cosa e l’altra, anche perché quando non sono in palestra tendo a studiare il più possibile. Quando posso mi pace guardare dei film, delle serie tv, oppure vado io stesso in palestra per allenarmi un po’ tenermi in forma». 


Come ci si sente a essere sposati con Moki De Gennaro, ormai universalmente considerata il miglior libero al mondo?
«L’ho sempre saputo, fin da quando ci siamo conosciuti. Monica è una ragazza straordinaria, una stacanovista con grandi ambizioni. D’altronde non si rimane al top mondiale a 35 anni senza avere queste caratteristiche. Abbiamo un carattere molto simile ma anche dei modi diversi di affrontare alcune situazioni. Per dire, se io sono teso lei di norma è molto tranquilla». 


E ad averla nella propria squadra invece?
«Beh, è un grandissimo vantaggio. Monica è un esempio di professionalità per tutti sotto ogni punto di vista. Ed è un vantaggio anche per le sue compagne di squadra che da lei imparano molto». 


A Conegliano avete trovato una casa, così come Asia Wolosz e Robin De Kruijf. Cosa rende questo posto così speciale?
«Credo sia un mix perfetto, siamo in un club molto ambizioso che puntava ad arrivare al top in tempi rapidi. Ricordo che nel 2013 consigliai a Monica di sposare questa causa nonostante avesse proposte da altre squadre già affermate, perché intravedevo le potenzialità del progetto Imoco. È un ambiente che vive di sport, con dei presidenti giovani e un gruppo molto solido a livello di staff. E poi c’è il Palaverde, che penso sia il miglior palazzetto in Italia per distacco. In pratica c’erano, e ci sono ancora, tutte le condizioni giuste per provare a scrivere la storia con questi colori». 


Quale il punto più alto nella sua avventura con la Prosecco Doc? Quale invece il più basso?
«Difficile dire quale sia stato il più alto. Personalmente credo che, per tanti motivi, sia stato il primo scudetto per me. Ci aspettava una sfida difficilissima contro Novara e avevamo avuto tanti problemi durante l’anno con gli infortuni di Robin De Kruijf, Rapha Folie e Megan Easy. Poi io personalmente sono stato anche colpito dalla morte di mio padre. Non è stato per nulla facile. Per questo tra le varie difficoltà per me ha significato molto il rinnovo di contratto avvenuto prima della fine della stagione, è stato un grande atto di fiducia da parte del club nei miei confronti. Un qualcosa che non dimenticherò mai. E che mi spinge a dare il meglio, sempre. Il momento più basso? Ricordo forse meglio le sconfitte delle vittorie (ride, ndr). Mi viene da pensare alla finale di Champions League persa contro Novara, a cui arrivavamo con grandi aspettative. Purtroppo non è andata come volevamo». 


Paola Egonu, Tijana Boskovic e Isabelle Haak: posso chiederle un confronto tra i tre opposti più forti al mondo?
«Tutte e tre sono grandissime persone ancora prima che atlete, e lo dico per esperienza diretta. A Paola sono molto legato, è una ragazza speciale e un’atleta clamorosa, e sinceramente spero di poterla allenare ancora un giorno. Boskovic è un leader silenzioso, con lei ho vissuto un’esperienza breve ma intensa, perché di fatto l’ho conosciuta soltanto al Mondiale con la Serbia. Isabelle invece è la solarità e la serenità fatta persona, poco da dire. È bello vedere che anche un paese che magari non è famosissimo per la pallavolo femminile abbia regalato un’atleta così forte e completa al movimento. Non è un caso se è stata eletta la giocatrice migliore d’Europa».


A livello di club ormai ha vinto ogni trofeo, dove trova gli stimoli per continuare ad allenare?
«Semplice: non ho alcuna intenzione di fermarmi. Anzi, voglio confermarmi di anno in anno, cosa che forse è ancora più difficile che vincere». 


Poi c’è il discorso nazionali, con il passaggio in 12 mesi da Croazia a Turchia, passando per la parentesi dorata con la Serbia. 
«Sono grato alla federazione croata per il tempo passato insieme, così come per avermi lasciato affrontare un ulteriore step nella mia carriera come la Serbia. Sentivo la necessità di confrontarmi a un livello ancora più alto». 


Com’è nata la trattativa con la Turchia invece?
«Sinceramente per me era difficile pensare di affrontare una nuova avventura sulla panchina turca. La federazione ha dimostrato di volermi fortemente, e io ho accettato questa sfida. Un’occasione diversa ma allo stesso tempo stimolante. Conosco i pro e i contro della mia scelta, qualcuno potrebbe anche definirmi un pazzo per avere salutato la nazionale campione del mondo, ma sono curioso per questa esperienza». 


Gli obiettivi?
«Competere con le nazionali più forti al mondo. Il roster è di alto livello, ma ci sono davvero tante nazionali che possono lottare per traguardi importanti, a partire dagli Europei che si disputeranno questa estate (divisi tra Belgio, Italia, Estonia e Germania, ndr). Poi nel 2024 ci saranno le Olimpiadi, un sogno per me. Penso sia la massima espressione dello sport e voglio vivere un’esperienza simile, lavoreremo per arrivare nelle migliori condizioni possibili». 

Ultimo aggiornamento: 07:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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