Treviso. Il papà di uno zingaro arrestato:
«È caccia alle streghe, liberate mio figlio»

Domenica 12 Dicembre 2010 di Roberto Ortolan
I carabinieri illustrano gli arresti di Cison (PhotoJournalist)
TREVISO (12 dicembre) - Chi sbaglia deve pagare. giusto. Ma niente caccia alle streghe. Ci che sta accadendo a mio figlio non giustizia. A sostenerlo il pap (sta attendendo la pensione perch invalido al 50%) di Loris Levacovic, uno dei quattro "nomadi" finito in cella per il tentato furto nell’abitazione di Ersilia Fiorin in località Mura a Cison di Valmarino (il quartetto ha ammesso e confessato le proprie responsabilità davanti al giudice Elena Rossi).



È arrabbiato e amareggiato il pensionato per le durissime parole del sindaco di Cison Cristina Pin, che aveva invocato il taglio delle mani per gli zingari pescati a rubare. «Noi siamo italiani e paghiamo le tasse. I miei figli sono nati a Treviso - spiega il pensionato, che abita un alloggio Ater, costruito nel 1911, a 70 euro al mese (ne attende però uno nuovo) - e sono andati a scuola qui. Non sono zingari gitani. Abbiamo scelto di abitare a Treviso che è diventata la nostra casa. Sono integrati e lavorano qui. Mia figlia ha un lavoro da dirigente. Loris, che convive e ha due figli, vende e acquista auto usate. Un lavoro difficile, da fame, con una famiglia da mantenere».



Proprio le ristrettezze economiche potrebbero essere il movente del raid notturno che ha portato Loris Levacovic e i complici in carcere. Ma papà Levacovic ha altri sassolini da togliersi dalle scarpe. Respinge ogni accostamento con altre famiglie nomadi, che navigano nell’oro. «Lei pensa - aggiunge - che Loris, se fosse milionario, si dedicherebbe ai furti di galline? È povero. Un ladro di polli. Quelle parole del sindaco di Cison fanno di tutta l’erba un fascio. Non è giusto».



Papà Levacovic non comprende perché il figlio sia rimasto in carcere. «Loris - puntualizza - è incensurato. Non comprendo come possa essere tenuto in carcere. Non siamo in tempo di guerra. Non c’è la legge marziale. Se emergerà che ha sbagliato è giusto che paghi. Ma gli arresti domiciliari era giusto concederglieli. Leggo e vedo uscire dal carcere gli autori di stupri, violenze brutali e omicidi sulle strade. Invece per Loris hanno usato il pugno di ferro. Non è giusto».



Non lo dice il pensionato, ma ha l’impressione che il figlio sia rimasto in carcere per via di quel nome, Levacovic, che in questo momento suona come un "marchio d’infamia". «A Treviso - conclude - mi conoscono in tanti. Dai residenti a Borgo Venezia e Borgo Mestre, ma anche in questura e in tribunale. Da due giorni non esco di casa. Mi vergogno come un appestato. Mio figlio e i suoi amici, se hanno sbagliato, devono essere puniti, ma così è troppo. Sono accusati di tentato furto. Ma per ora è solo un’accusa. Bisogna ricostruire la verità prima di emettere le sentenze. Ma con i deboli e i poveri non si fa mai così. Si grida al lupo al lupo perché non possono difendersi».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 18:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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