Omicidio a Maserada. Il papà di Aymen, accoltellato a 17 anni: «Voglio la verità, perché Elia ha ucciso mio figlio?»

Sabato 13 Maggio 2023 di Maria Elena Pattaro
Omicidio a Maserada. Il papà di Aymen, accoltellato a 17 anni: «Voglio la verità»

VITTORIO VENETO (TREVISO) - «Voglio sapere cosa l’ha spinto a uccidere mio figlio». Amin, papà di Aymen Adda Benameur, vorrebbe incontrare l’assassino, guardarlo dritto negli occhi e fargli la domanda che da 48 ore gli toglie il sonno: «Perché lo hai fatto?». Non crede al movente della droga: «Non infangate il nome di nostro figlio. Era un bravo ragazzo: con la droga non c’entra. Lui non beveva, non fumava, non frequentava cattive compagnie e non faceva tardi la sera. Deve essere successo qualcos’altro». C’è un dettaglio che non gli quadra: «Il suo cellulare non si trova e lui non usciva mai senza» dice, aggiungendo che «i carabinieri hanno perquisito la sua stanza e non hanno trovato niente di strano». Seduto nel salotto di casa, davanti a una tavola apparecchiata con datteri, dolci e caffè, racconta con modi pacati il dolore in cui l’intera famiglia, assistita dall’avvocato Luciano Meneghetti, è sprofondata. Nella stanza accanto, in quell’appartamento di via don Minzoni, la moglie Amaria piange e grida, inconsolabile. È distrutta. Gli altri tre figli (di 13, 12 e 4 anni e mezzo) non sono andati a scuola ieri mattina. A proteggerli dalla brutalità della tragedia che li tra travolti sono i parenti e gli amici della comunità musulmana. Altri familiari sono in arrivo dalla Francia e dall’Algeria. Mentre il prato di via 1° Maggio, dove lo studente è stato accoltellato a morte, si è riempito di fiori: in tanti sono passati per un ricordo e una preghiera. 

Gli ultimi istanti di Aymen: «Ci ha detto che andava a correre»

Il padre ripercorre quel pomeriggio: il 17enne è tornato a casa da scuola, frequentava la terza al Besta di Treviso. Ha pranzato e poi verso le 3 è uscito, assicurando alla mamma che aveva già pregato, come faceva abitualmente. «Ci ha detto che andava a correre - dice l’uomo -. Verso le 5 sono arrivati due suoi amici. Io stavo dormendo sul divano: non ci hanno detto che era morto ma di correre là». Sono stati proprio loro a chiamare il 118 e a cercare di salvarlo: «Hanno tentato di tamponare l’emorragia con le mani».

Purtroppo non è servito. Quando i genitori hanno raggiunto il campo di via 1° maggio, pensavano che il figlio fosse ferito. Invece il corpo era steso sull’erba, esanime, coperto da un telo bianco. 

Il 17enne benvoluto da tutti: «Era bravo anche a scuola»

La famiglia algerina si è perfettamente integrata nella Marca. Amin lavora da oltre vent’anni alle dipendenze di Contarina. I figli giocano a calcio nella Cimapiave, il più piccolo va all’asilo. Anche Aymen, da ragazzino, aveva militato nei gruppi sportivi locali: insieme a un fratello aveva fatto parte del gruppo ciclistico Mosole. «Puntava al diploma, poi avrebbe cercato lavoro. Così aveva detto ai genitori, che gioivano dei suoi successi: «A scuola si impegnava, l’anno scorso aveva recuperato qualche debito. Quest’anno andava meglio». Amin trattiene a stento le lacrime mentre “sfoglia” sul cellulare le foto del suo primogenito: in sella a una bici da corsa, al mare, in vacanza a Milano e le ultime scattate a dicembre in Algeria, quando sono andati a trovare i nonni. Com’era Aymen? «Un bravo ragazzo, lo conoscono tutti e tutti mi dicevano la stessa cosa. Io ne ero orgoglioso. Non frequentava cattivi ragazzi». Gran parte dei suoi amici era di Spresiano. La famiglia infatti aveva vissuto a lungo lì e nella frazione di Visnadello prima di trasferirsi a Varago 3 anni fa, in un appartamento più grande. Ora l’intera comunità di Maserada si stringe attorno alla famiglia. «Siamo tutti feriti - commenta il parroco don Federico Giacomini che conosce personalmente i Benameur -. L’invito è di pregare per loro in questo momento buio».

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Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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