MASERADA SUL PIAVE (TREVISO) - È stato ucciso con una coltellata all'addome. La vittima è Aymen Adda Benameur, 17 anni compiuti il 30 aprile, studente all'istituto Besta di Treviso, algerino di origine ma naturalizzato italiano.
LA SCENA
La scena del delitto viene delimitata da un nastro rosso, sia in entrata che in uscita. E il corpo del ragazzo viene coperto con un telo bianco in attesa dell'arrivo del magistrato, Davide Romanelli, e del medico legale Alberto Furlanetto. Il tam tam degli amici è velocissimo. Non tardano a giungere sul luogo dell'omicidio. Sono sconvolti, in lacrime. Mai, però, come i genitori di Aymen che arrivano in auto: la mamma scende e si getta sul nastro che delimita la scena del crimine. I carabinieri cercano di fermarla. «Voglio vedere mio figlio, fatemelo vedere», urla tra i singhiozzi. Viene sorretta dal marito Amin. Ma nemmeno lui riesce a contenere la disperazione della donna, che ha lasciato a casa, in via don Minzoni 5, altri tre figli, tutti più piccoli. Alla fine il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Massimo Ribaudo, cede al dolore di una madre. È allora, raggiunto il corpo di suo figlio, che si getta a terra, incurante della pioggia battente che ha reso l'erba un acquitrino. Vuole vedere il figlio e tenta di scostare il lenzuolo che ne ricopre il corpo. Non glielo permettono. Le urla strazianti si confondono alle campane della vicinissima chiesa che si mettono a suonare. Il marito la sorregge e riesce a riportarla alla macchina.
Lui, che è in Italia da vent'anni, e lavora per Contarina, l'azienda dei rifiuti, stimato e integrato in paese, riesce a dire soltanto: «Ero a casa, mi hanno chiamato e mi hanno detto di venire subito. Non mi hanno detto altro. Arrivo qui e vedo che mio figlio è steso a terra, senza più vita. Come può un padre sopravvivere a questo dolore?».
Gli amici di Aymen urlano. Se la prendono con il Comune che non ha messo le telecamere «per inchiodare i maledetti che lo hanno ucciso». Indirizzano minacce per nulla velate ai giornalisti: «Perché siete qui, andatevene a casa vostra». E si arrabbiano con le forze dell'ordine, tanto che i carabinieri, esasperati, cominciano a chiedere loro i documenti. Il clima si tranquillizza appena un po'. Restano, in sottofondo, le lacrime disperate dell'ex ragazza del 17enne che, anche lei, chiede di vederlo per un'ultima volta. E gli amici che continuano a dire: «L'abbiamo visto ieri al supermercato, un ciao veloce e ci siamo dati appuntamento per oggi (ieri ndr). Invece, non lo rivedremo più. Vogliamo che i bastardi che l'hanno ucciso marciscano in carcere».
LE INDAGINI
Le indagini dei carabinieri, proseguono meticolose. È stato recuperato e posto sotto sequestro il coltello che potrebbe essere l'arma usata per uccidere il 17enne. Era poco distante dal corpo, ma dovrà essere esaminato da un perito che verrà nominato, nei prossimi giorni, dal sostituto procuratore. Mentre il colonnello dei carabinieri Massimo Ribaudo conferma: «Sono state portate in caserma tre persone che abbiamo identificato. C'è una connessione spazio-temporale rispetto ai luoghi. Stiamo approfondendo di che tipo di connessione si tratti rispetto ad eventuali responsabilità. Se, cioè, erano presenti al fatto e quindi testimoni della tragedia oppure se siano coinvolti in prima persona nell'omicidio. Sul movente è troppo presto per parlarne. Da una prima ispezione il colpo inferto al giovane è stato uno, ma ripeto che si tratta di una prima ispezione e quello si potrà capire bene successivamente». Mentre scende il buio, sotto una pioggia insistente la salma viene rimossa: resterà a disposizione della magistratura. E dopo l'interrogatorio scatta il fermo del diciottenne. Per omicidio.
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