MASERADA - «Prima di uscire mi ha detto: vado a correre. Poi sono andato a letto a dormire ma poco dopo sono stato svegliato da due suoi amici: mi hanno detto che mio figlio era stato accoltellato». Papà Amin e la moglie sono rimasti più di un'ora davanti al corpo ormai senza vita di Aymen Adda Benameur, il 17enne studente del Besta ucciso con un fendente all'addome ieri pomeriggio in via Primo Maggio a Varago di Maserada sul Piave.
STUDENTE MODELLO
Alge studiava con profitto all'istituto Besta di Treviso. Era uno studente modello, senza grilli nella testa. E passava i pomeriggi tra i libri e il campetto di Varago. Appassionato di musica, anche ieri era rimasto in città con alcuni dei suoi compagni di classe prima di tornare a casa. Poi era uscito dicendo ai genitori che andava a correre. Il padre è composto nel suo dolore. La mamma di Aymen, invece, è distrutta. Quando è arrivata nel campetto di via Primo Maggio si è precipitata verso il corpo del figlio. Ma i carabinieri hanno cercato di impedirglielo. Il pubblico ministero e il medico legale non avevano ancora concluso gli accertamenti di rito. Le urla, miste alle lacrime, di questa donna piegata dallo strazio, hanno commosso il comandante provinciale dei carabinieri. «Voglio vedere mio figlio, vi prego fatemelo vedere - diceva, inframmezzando l'italiano all'algerino - devo salutarlo, devo dargli un ultimo bacio». L'hanno fatta passare e lei si è gettata a terra, incurante della pioggia, dell'erba trasformata in acquitrinio. Lo ha chiamato per nome, come se fosse ancora vivo, come se potesse risvegliarlo. Una scena straziante che ha annichilito tutti i presenti. Ha dato così l'addio al suo ragazzo.
CHI ERA
Un giovane che tutti, compresa la preside dell'istituto professionale Besta dove studiava, descrivono come un bravo ragazzo, diligente, educato. A casa ci stava giusto il necessario. Poi, usciva per incontrare gli amici. Ne aveva tanti e tutti gli erano affezionati. Ma non era una testa calda. «Voleva diplomarsi per trovare un lavoro e aiutare la famiglia» dice uno dei molti amici. Aveva avuto una ragazza con cui era praticamente cresciuto insieme. Si erano lasciasti tre mesi fa. Da poco aveva un'altra fidanzatina. Ma i rapporti tra gli ex erano rimasti buoni. «Si volevano bene e, anche se non stavano più insieme, avevano mantenuto un forte legame» dicono gli amici che li conoscevano da sempre. «Non beveva, non fumava. Non mi ha mai dato un problema» conferma il papà Amin. Vicino a lui gli amici del paese d'origine, anche loro emigrati nella Marca per trovare lavoro, i vicini di casa con i figli. E i ragazzi che conoscevano Aymen, giunti alla spicciolata, chi in bicicletta, chi a piedi. «Era bello, gentile, per gli amici c'era sempre. Cosa può essere successo?». Mentre il papà scandisce: «Voglio sapere cosa è successo e chi è stato». «"Alge" non meritava di finire così. Tutti i suoi sogni, tutta la vita che aveva davanti cancellati da un colpo di coltello» piange una ragazza che abita vicino a lui. Varago è una frazione dove si conoscono tutti. Un ragazzino, dirimpettaio di via Don Minzoni, 5, racconta: «Conoscevo bene Aymen e il suo papà. Erano molto uniti. Lui era appassionato di sport e fin da bambino aveva praticato il nuoto, anche in modo agonistico. Poi, la bicicletta con il Gruppo Mosole. Non frequentava cattive compagnie. Alge non c'è più, lascia un grande vuoto».
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