TREVISO - Una, due, tre, dieci, venti. Sono tante le coltellate che hanno ucciso Elisa Campeol, 35enne di Pieve di Soligo, titolare di un bar in via Pati vicino agli impianti del rugby, aggredita mentre era stesa a prendere il sole nell’oasi naturalistica dell’Isola dei morti, a Moriago della Battaglia. Il suo assassino, il 34enne Fabrizio Biscaro, di Col San Martino, frazione di Farra di Soligo, ha agito in preda ad una rabbia che ha dichiarato, nel lungo interrogatorio reso davanti al pubblico ministero Gabriella Cama, “Dovevo sfogare su qualcuno”. Non importa chi, dove, come. Doveva sfogarsi. «Ha scelto la sua vittima a caso.
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L'orecchio della vittima
Il giorno dopo l’efferato omicidio le indagini continuano a 360 gradi per scandagliare gli spostamenti dell’uomo, seguito dal centro di salute mentale del territorio, che in passato era già stato protagonista di atti di autolesionismo e di almeno un tentato suicidio. I carabinieri stanno acquisendo le cartelle cliniche di Biscaro e mercoledì si sono recati a casa sua per sequestrare cellulare e computer. Nel corso dell’interrogatorio ha fornito la mappa dei suoi spostamenti antecedenti l’omicidio. Il film dell’orrore comincia martedì mattina quando entra in fabbrica e timbra il cartellino. Lavora alla Dhe Termowatt di Follina. Esce prima del solito, in tarda mattinata. Una scappata a casa per pranzo e poi di nuovo fuori. In un tabacchino di Valdobbiadene per acquistare una serie di numerosi “Gratta e vinci” e nel vicino supermercato dove comprerà il coltello, dalla lama lunga 20 centimetri, che userà il giorno dopo per uccidere Elisa. Non rientra a casa, tanto che i genitori ne denunciano la scomparsa. E dorme in auto. Poi, la mattina di mercoledì i passi lo portano verso l’Isola dei morti. «Ci andavo da ragazzo, è un posto che conosco bene» ha detto al sostituto procuratore Cama. I ricordi non gli restituiscono un po’ di calma. La rabbia monta sempre di più. Vede la donna stesa sul lettino. Sono le 12.20. Ha deciso: sfogherà la sua rabbia contro quel corpo, steso al sole, e in posizione abbastanza isolata. Colpisce prendendo di sorpresa la donna. Ma avrebbe potuto rivolgere quell’aggressività contro chiunque gli fosse capitato a tiro.
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Il killer trova la caserma chiusa
Dopo aver compiuto l’omicidio, con il coltello in mano, i vestiti insanguinati e il lobo di un orecchio della donna, si va a costituire alla stazione dei carabinieri di Valdobbiadene. Ma sono le 13 passate. E trova il portone chiuso. Si attacca al citofono, collegato con l’operatore del 112. Deve confessare, non può scappare. Saranno i militari dell’Arma, rientrati poco dopo, a raccogliere la deposizione di Fabrizio. «Sono stato io, ho ucciso e non so perché l’ho fatto» dichiara l’omicida. E sostiene di aver sospeso l’assunzione dei farmaci prescritti dal Centro di salute mentale perché gli causavano problemi fisici. Un altro aspetto che verrà valutato nel corso delle indagini. La procura disporrà l’autopsia su corpo di Elisa Campeol per determinare il numero esatto dei colpi e stabilire quale dei fendenti è stato mortale. In attesa di chiudere il cerchio sulla vita dell’omicida, di determinare con precisione il suo stato di salute mentale, e gli esatti spostamenti effettuati poche ore prima del delitto.
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