Veneto Banca, è il giorno della verità: oggi la sentenza su Consoli

Venerdì 4 Febbraio 2022 di Angela Pederiva
Vincenzo Consoli arriva in tribunale con il suo avvocato
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TREVISO - È arrivato il giorno della verità su Veneto Banca. O, perlomeno, su quel pezzo di storia della fu Popolare finito nel processo all'ex amministratore delegato Vincenzo Consoli: oggi sarà pronunciato il verdetto del Tribunale di Treviso rispetto alle richieste dell'accusa (6 anni di reclusione), delle parti civili (oltre 100 milioni di risarcimento) e della difesa (piena assoluzione), per le imputazioni di falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza.

Contestazioni riecheggiate in queste ore in altre due sentenze, emesse dalla Cassazione, a carico di altrettanti ex consiglieri di amministrazione, che si opponevano alle multe comminate dalla Consob.


LE SANZIONI

Si tratta delle sanzioni amministrative pecuniarie deliberate nel 2017 dalla Commissione nazionale per le società e la Borsa, fra l'altro anche nei confronti dello stesso Consoli. In particolare quattro i rilievi mossi ad Attilio Carlesso e Vincenzo Chirò: «per aver la banca omesso di dotarsi di procedure adeguate e tenuto comportamenti contrari a correttezza, diligenza e trasparenza in materia di valutazione di adeguatezza di operazioni»; «per aver la banca tenuto comportamenti irregolari, tra l'altro, nell'ambito dei trasferimenti fra privati delle azioni Veneto Banca e dei finanziamenti concessi ai clienti per l'acquisto delle azioni di propria emissione»; «per aver la banca omesso di dotarsi di procedure adeguate e tenuto comportamenti contrari a correttezza, diligenza e trasparenza in materia di gestione degli ordini dei clienti»; «per avere la banca omesso di dotarsi di procedure adeguate in materia di pricing delle azioni di propria emissione». A Carlesso e Chirò erano stati addebitati 140.000 euro ciascuno, poi ridotti nel 2019 dalla Corte d'appello di Venezia rispettivamente a 90.000 e 120.000.


LE MOTIVAZIONI

Entrambi i ricorsi sono stati rigettati. Secondo la Cassazione, i giudici di secondo grado hanno «accertato in fatto la mancata adozione di idonee procedure circa la valutazione di adeguatezza e appropriatezza delle operazioni di profilatura della clientela e di presidi volti a tracciare le relazioni con la stessa». Di ambedue i ricorrenti viene individuato «il fondamento della responsabilità» nelle loro «colpevoli inerzie». Nelle motivazioni relative a Carlesso, vengono citati lo «svolgimento da parte della Banca di uno scorretto ruolo di intermediazione nel trasferimento di titoli fra privati» e le «irregolarità nella gestione della compravendita delle azioni». Nella sentenza riguardante Chirò, vengono menzionati i «doveri di particolare pregnanza sorgono in capo al consiglio di amministrazione di una società bancaria, doveri che riguardano l'intero organo collegiale e, dunque, anche i consiglieri non esecutivi, i quali sono tenuti ad agire in modo informato e, in ragione dei loro requisiti di professionalità, ad ostacolare l'evento dannoso, sicché rispondono del mancato utile attivarsi». Concludono gli ermellini: «La Corte d'appello di Venezia ha ritenuto che la preventiva attività di vigilanza Consob prima dell'avvio della verifica ispettiva aveva cagionato segnali di allarme che avrebbero dovuto indurre gli amministratori non esecutivi, rimasti inerti, ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo».


LE DOMANDE

Su questo sfondo oggi pomeriggio il collegio presieduto dal giudice Umberto Donà (a latere i giudici Carlotta Brusegan e Alberto Fraccalvieri) si esprimerà sui due reati rimasti in capo a Consoli, appunto falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza, visto che l'aggiotaggio è già caduto in prescrizione. Per il famigerato aumento di capitale da 500 milioni del 2014, il sostituto procuratore Massimo De Bortoli (titolare del fascicolo con la pm Gabriella Cama) ha parlato apertamente di «bagno di sangue», tanto che si sarebbe «giocato al rischiatutto sulla pelle della gente». Opposta la ricostruzione dell'avvocato Ermenegildo Costabile, secondo cui «Consoli è stato fatto fuori dalle esigenze di sistema» e pertanto c'è «totale insussistenza dei fatti contestati». Domanda di De Bortoli: «Vogliamo pensare che sia plausibile che una persona venga pagata 8 milioni in tre anni solo per compiti di rappresentanza?». Replica di Costabile: «Non c'è un testimone che abbia detto di aver ricevuto ordini da Consoli, dove sta la figura del dominus allora?».


I FILONI

Stamani le prime risposte, dopodiché verranno avanti gli altri filoni dell'inchiesta. Il secondo, e cioè l'associazione per delinquere finalizzata alla truffa, il 12 febbraio vedrà l'udienza preliminare a carico dello stesso Consoli, oltre che degli ex manager Mosè Fagiani, Renato Merlo, Andrea Zanatta e Giuseppe Cais. Per il terzo blocco, vale a dire la bancarotta fraudolenta, bisognerà invece attendere la pronuncia della Cassazione su un ricorso riguardante la dichiarazione dello stato di insolvenza di Veneto Banca.

Ultimo aggiornamento: 17:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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